Sgomberi. I poveri di Caivano non possono pagare le omissioni di chi ha governato male
Un mese di tempo a 400 persone per lasciare le case occupate Il terremoto del 23 novembre del 1980 ha segnato in Campania un vero spartiacque. Migliaia di persone finirono al cimitero, a tantissime altre fu sconvolta la vita. A Caivano, un intero quartiere, denominato “Parco Verde” venne costruito per dare una casa agli sfollati napoletani. Il primo, grande, maledetto virus fu inserito già nella progettazione. Non vi dico: materiali scadenti, costruzioni assurde, manutenzione inesistente. Le famiglie assegnatarie, ben presto, conobbero l’abbandono delle istituzioni. Mai un vigile urbano fu visto per le strade del quartiere, mai una famiglia bisognosa poté fare affidamento sui servizi sociali.
Le amministrazioni comunali quasi mai arrivavano a fine mandato. L’ultimo fu sciolto per infiltrazione mafiosa, come la volta precedente. Ben presto, chi aveva qualche alternativa, se ne andò. La casa, ovviamente, sarebbe dovuta ritornare al legittimo proprietario, il Comune. Non avvenne. Le case libere venivano cedute a un parente, un amico, o “vendute” per piccole somme di denaro. Tutto in nero. Erano delle vere catapecchie. Chi subentrava, con sacrifici, le rimetteva a nuovo. Il Comune non avrebbe dovuto concedere la residenza ai nuovi arrivati, ma, al contrario, avrebbe dovuto denunciarli. Erano palesemente abusivi. Se lo avesse fatto, una prima e una seconda volta, lo scempio attuale sarebbe stato evitato. Non accadde. Il quartiere, intanto, lasciato a sé stesso, andava organizzandosi a modo proprio, diventando una grande piazza di spaccio a cielo aperto. Nell’assenza dello Stato, nasceva il ghetto, con le sue regole, la sua economia, i suoi “comandanti”. Era evidente che il bubbone prima o poi sarebbe esploso.
La presenza della chiesa non bastava. I volontari segnavano il passo. Occorreva lo Stato in tutta la sua fermezza, con tutta la sua autorità. Chi scrive, parroco di questa povera gente, da sempre, ha alzato la voce, anche con l’aiuto di “Avvenire”. Sempre ha denunciato, senza peli sulla lingua, mettendo in guardia le legittime autorità. Fino al punto che la notte del suo compleanno di due anni fa, una piccola bomba carta fu fatta esplodere all’esterno della parrocchia. Da allora ha dovuto rinunciare anche alla propria libertà e vive sotto scorta. Intanto “qualcuno” fiutò l’affare delle case e la cosa si complicò. Il 31 agosto scorso, rispondendo a un mio invito, la presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, è venuta a Caivano prendendo impegni che sta mantenendo. Da allora quasi tutti i ministri dell’attuale governo ci hanno fatto visita. Occorreva riportare la legalità nel nostro paese. Fummo felici. Ben 52 milioni di euro furono stanziati per risollevarci dal degrado. La gente era contenta. Meno contento, ovviamente, chi delinque e vuole continuare a farlo.
Giovedì mattina, 8 febbraio, come un fulmine, sono arrivati gli ordini di sgombero di ben 400 persone. Due famiglie su tre occupano, infatti, illegalmente la casa. Entro un mese dovrebbero andare via. La magistratura ha fatto il suo dovere, polizia e carabinieri hanno eseguito gli ordini. A me parroco incombe l’obbligo di restare accanto alla mia gente e il dovere della verità. Costi quel che costi. Anche la gogna mediatica o un colpo di pistola in fronte. In una lettera aperta a Giorgia Meloni, nel mese di settembre, raccontai le cose per come stanno. La colpa di questa assurdità, impensabile in un Paese civile, cade soprattutto sulle varie amministrazioni comunali che si sono succedute. Per quanto possa apparire grottesco, al Parco verde era diventato “ normale” cedere la casa a un altro.
Avveniva sotto gli occhi di tutti. Nessuno reclamava, nessuno protestava, nessuno impediva che venisse fatto. Questa gente ha le sue colpe, ha commesso errori, troppo forte era però il bisogno di una casa, soprattutto per le giovani coppie. In queste case sono nati i figli, che oggi hanno dai 30 anni in giù. Adesso, nel giro di un mese, la mia amata Italia, pretende quello che non è stata capace di fare in tre decenni. Per la festa della donna, tutti fuori. Per ripristinare la legalità. Tutti fuori, si, ma per andare dove? Non lo so e non oso immaginarlo. No, non si fanno così le cose. Troppo facile, troppo comodo. Lo Stato – in ogni sua compagine – che finalmente si è fatto accanto ai poveri deve avere il coraggio di calarsi fino a farsi male nei loro problemi per risolverli e non aumentarli. La gente è impaurita. Ancora una volta, giovedì sera, è venuta a chiedere aiuto al parroco, bistrattato od osannato a seconda delle situazioni. Occorre avere tanto discernimento. Un conto sono i camorristi da perseguire, altra cosa la gente onesta che occupa una casa illegalmente ma senza alcuna prepotenza. Questi poveri non possono pagare le omissioni e le collusioni di chi si assunse il compito di governarli e non lo fece, o lo fece male.