Botta e risposta. I lavoratori aggrediti con il taser e la responsabilità delle imprese
(Foto archivio)
Gentile Direttore,
ho letto un breve articolo sul nostro giornale relativo ad una vertenza sindacale dei dipendenti di una società collegata a Zara in cui – se non ho capito male – sarebbero intervenuti degli oppositori agli scioperanti, presumibilmente inviati dalla proprietà, armati di taser; il tutto nell’indifferenza generale. Chiarisco che non sono professionalmente coinvolta né con il mondo dell’informazione, né con quello sindacale, ma come cittadina, per la rilevanza del tema lavoro, ringrazio che il quotidiano a cui sono abbonata non abbia sottaciuto l’episodio, come la tv o la radio, e anzi mi piacerebbe saperne molto di più. È legale acquistare taser per un privato in Italia? E ancora lo è impedire uno sciopero malmenando gli scioperanti? Lo Stato sta facendo indagini sull’accaduto? A voi chiedo di non abbassare la guardia per una questione di giustizia che è anche di dignità e rispetto. Sembra incredibile come in pochi anni siamo precipitati in un’altra epoca storica riconducibile a più di un secolo fa. La vostra funzione di testimoni è fondamentale perché noi possiamo esercitare il nostro residuo potere , quello di consumatori,'votando col portafoglio', come sostiene il professor Leonardo Becchetti. Grazie ancora e buon lavoro.
Gentile signora Scarani, le rispondo a nome del direttore e la ringrazio innanzitutto per la sua richiesta di illuminare meglio un brutto episodio accaduto a Castel Giubileo (Roma) nei magazzini gestiti dalla società Faro per conto della multinazionale dell’abbigliamento Zara. Saranno le indagini di forze dell’ordine e magistratura a definire con precisione gli illeciti eventualmente commessi e le diverse responsabilità. Ma, se si dà credito come sembra doveroso alle testimonianze dei lavoratori e dei sindacalisti Cgil coinvolti, si tratta di un duplice atto di inaccettabile violenza. Verso dipendenti in sciopero innanzitutto – «colpiti con bastoni e pistole elettriche da una quindicina di buttafuori chiamati dall’azienda» – ma non meno verso lo stesso diritto a manifestare in maniera pacifica e a reclamare un equo trattamento salariale. «In questa impresa – spiegano infatti alla Filt-Cgil – vengono pagate, a 5 euro l’una, meno ore di quelle effettivamente svolte, incorporando nelle buste paga anche altre voci per arrivare al minimo mensile pattuito, con grave danno per i dipendenti». Più in generale, però, la vertenza rimanda ad alcuni nodi irrisolti del nostro sistema economico: dal subappalto di fasi di lavoro, all’attività di false cooperative, fino alla responsabilità delle grandi aziende appaltanti. “Avvenire” denuncia da molto tempo i fenomeni di vero e proprio “caporalato”, a danno tanto di stranieri quanto di italiani, che caratterizzano non solo il lavoro agricolo indegno (che mortifica le persone e attacca il lavoro nelle aziende degne) in molte parti del Paese, ma anche altri settori come la lavorazione delle carni nel distretto di Modena e la logistica in tutt’Italia. Segmenti nei quali manca non solo il rispetto dei contratti, a volte firmati da “sindacati gialli” filopadronali, ma vengono compromesse e compresse la dignità e la libertà stessa dei lavoratori. In questo ha purtroppo un ruolo centrale la sempre più diffusa tendenza ad esternalizzare parti di produzione o di movimentazione delle merci a società costituite in forma cooperativa, che però delle cooperative sfruttano solo alcuni vantaggi fiscali senza che i soci-lavoratori abbiano effettiva voce in capitolo sull’organizzazione del lavoro e sul rispetto delle tutele contrattuali. Un fenomeno, quello delle coop spurie, del quale non si è ancora venuti a capo nonostante anche le grandi centrali cooperative siano da tempo impegnate a contrastarlo. Occorre certamente un surplus di vigilanza e una normativa maggiormente stringente in questo campo. Ma più ancora, come lei stessa signora Scarani sottolinea ricordando le tesi del professor Leonardo Becchetti sul “voto con il portafogli”, è utile esercitare fino in fondo il nostro ruolo di “consumattori” premiando con i nostri acquisti i comportamenti responsabili delle aziende e penalizzando viceversa chi si rende quantomeno complice – se non addirittura indiretto mandante con continui ribassi di prezzo – di comportamenti scorretti nei confronti dei lavoratori. Nel caso specifico, il gruppo internazionale Zara si è dissociato dall’intervento punitivo. Bene. Ma non basta: è necessario che le società appaltanti non solo siano chiamate a rispondere in solido di eventuali danni o violazioni di leggi, ma prevedano esse stesse più stringenti controlli sulle imprese appaltatrici. D’altro canto ne va – oltre che degli affari – del loro buon nome e di quella responsabilità verso lavoratori e clienti che ogni vera impresa e buon imprenditore dovrebbero avere come cifra costitutiva.