Il direttore risponde. I danni dell'azzardo: l'«Azzurro vergogna» non può durare
Gentile direttore,
la voglio ringraziare per la chiarezza espressa nell’editoriale «La vergogna deve finire» che domenica 30 ottobre 2016 ha dedicato alla vicenda della sponsorizzazione da parte di una multinazionale dell’azzardo delle nazionali azzurre di calcio. In quel commento lei ha toccato un tasto importante, l’incapacità della politica a dirimere anche queste cose visto che dirigenti del nostro sport come il signor Tavecchio non guardano da dove arrivano i soldi, basta che arrivino... Personalmente – io che da oltre quarant’anni alimento una vera passione per il calcio e per la politica, anche attiva – sono desolato. Mentre una soluzione per la Nazionale azzurra ce l’ho, non la guarderò più finché ci saranno sponsor di questa risma, per la politica non so come fare, perché il non andare a votare non è nel mio Dna. Ma appunto, se la politica non ce la fa a indicare la buona direzione in una cosa relativamente “piccola” come questa, come potremo sperare che provi a gestire e guidare i grandi problemi che sempre più si addensano in un mondo e in un’Italia sempre più in mano a potentati economici forieri di interessi squallidi (commercio armi, economia virtuale, ecc.)? Mi sta deludendo anche il premier Renzi, che all’inizio non mi era particolarmente simpatico, ma al quale ho via via riconosciuto un certo attivismo utile per l’Italia che stava morendo d’inedia... Non ci siamo, si bada troppo allo spettacolo che deve andare avanti in ogni caso, creando una cultura che non aiuta certamente il popolo, e sdoganando e persino sbandierando come “fatto morale” anche quella “fabbrica di disperati” che sono le macchinette succhiasoldi.
Gabriele Piazza, Castel del Rio (Bo)
Caro direttore,
vorrei ringraziarla per lo sforzo encomiabile da parte di “Avvenire” per tener accesa e visibile l’indignazione rispetto agli accordi tra Federcalcio e Intralot. Mi preoccupa tuttavia che gli interessi in gioco siano talmente potenti da non far desistere i soggetti coinvolti. Nacque un’analoga indignazione, ormai purtroppo sopita, relativamente al maxi condono di un paio d’anni fa alle grandi società che gestiscono il gioco d’azzardo. Queste non sono isole felici in cui si tesse un pezzo di solido tessuto industriale del nostro Paese: sono enormi fabbriche di danaro, utili a servire e a comprare interessi altrettanto grandi. Forse mi sarò perso qualche passaggio, ma mi pare che la maggior parte degli organi di informazione di massa latiti penosamente nel mettere bene in evidenza gli interessi clientelari coinvolti dall’azzardo, i legami tra i nomi e cognomi implicati, i tragici influssi della malavita organizzata. Si parla e si scrive tanto dei malaffari legati a lavori pubblici e spazzatura, ma pare che il silenzio sull’azzardo faccia comodo a tanti. Scavate, scavate, potete fare di più...
Valentino Cagnin
Caro direttore,
grazie per il suo appassionato editoriale di domenica 30 ottobre. «La vergogna deve finire» è un appello condiviso da tutte le persone che in qualche modo si occupano dei problemi sociali e cercano di aiutare chi si trova a dover essere soccorso. Lasciar sponsorizzare con l’indecenza dell’azzardo, dopo le squadre di club, anche le nostre Nazionali di calcio, è una scelta sbagliata e pericolosa. Per i più piccoli, ma anche per la gente di qualsiasi età. Come lei scrive «è un disastro per tutti». Qui, veramente dovrebbe intervenire qualcuno! Da semplice cittadino rimango esterrefatto e mi chiedo: ma dove si trova la saggezza in questo benedetto Paese? La politica dorme? Mah, allora forse verrà investita la Consulta? O vuoi vedere che il Tar del Lazio boccia tutto quanto? E com’è che su questo tema neanche un magistrato interviene? Le domande sono tante. Confido e spero che qualcosa si muova. Grazie di nuovo, direttore.
Giancarlo Guivizzani
Caro direttore,
intanto complimenti per la campagna che “Avvenire” sta portando avanti per arginare il dilagare dell’azzardo: almeno c’è ancora qualcuno che non si arrende a questa triste società fondata e al servizio del denaro (ma possiamo veramente definirci “cristiani”?). Ricordo però che questo non è altro che una risultante di uno “sport” che da anni ha fatto del denaro il suo dio. Allenatori, dirigenti, giocatori e commentatori, televisioni, strapagati, senza etica e morale e rispetto. Da anni società di gioco finanziano il mondo del calcio. Ora sono arrivate a sponsorizzare la Nazionale e giustamente ci si scandalizza, ma in passato nulla è stato fatto lasciando spazio al “libero mercato”. Ci sono state solo voci nel deserto di qualche sindaco, prete e cittadino (e pochi giornali come “Avvenire”) che hanno denunciato l’invasione del gioco d’azzardo in Italia negli ultimi anni. Lo Stato (se esiste ancora) assente. Che vergogna! Apprezzo la sua battaglia, direttore, e me ne sento partecipe, ma che ne sarà?
Stefano Mattiello
Che ne sarà del nostro impegno per frenare il dilagare pestifero e arrogante dell’azzardo? Continuerà, cari e gentili amici lettori. Continuerà perché i miei colleghi e io sappiamo che si può e si deve fare di più per far sì che gli italiani (quelli che governano, e quelli che sono governati) si rendano pienamente conto dell’inganno scandaloso e insopportabile che l’«industria del niente» rappresenta nella vicenda umana, civile ed economica del nostro Paese. Continueremo a batterci, disarmati e decisi secondo il nostro stile, per ottenere scelte di civiltà e una svolta all’insegna della responsabilità da politici e dirigenti sportivi. E per poter infine salutare concrete e buone scelte nazionali che si avvicinino a quelle lucide e coraggiose che – a livello di realtà comunali e regionali nonché di sport giovanile e di base – tanti amministratori e organizzatori stanno già compiendo, a suon di “de-slottizzazioni” dei centri abitati e di argini tenacemente difesi (o saggiamente rialzati) a difesa dei più giovani e dei più deboli. Continueremo a chiedere ai nostri concittadini di non lasciare che le città e i paesi dove viviamo vengano ridotti sempre più a quartieri di Azzardopoli. E ricordando a tutti noi che il movimento calcistico italiano “vale” 3,7 miliardi di euro l’anno, mentre i signori delle slot machine, delle scommesse, dei gratta-e-vinci e di ogni altra diavoleria riescono in un anno a risucchiare dalle tasche della gente circa 88 miliardi.
Provate a chiamarla “ricchezza” e a non vergognarvi... Quali servizi il sistema azzardo mette a disposizione delle persone e delle famiglie? Che cosa produce per noi? Come ci fa progredire? Quale felicità genera? A chi giova? Non c’è risposta sensata a tutte queste domande, e il quadro si fa sempre più desolante. Perché allora si apre tutto questo spazio a un’attività che non costruisce niente, ruba serenità, usura relazioni e patrimoni? Perché si incentiva un sistema che per diventare di successo, deve necessariamente ridurre in schiavitù sempre più persone? E come si fa a non vedere la gravità del problema che ha assunto proporzioni addirittura gigantesche? Si è davvero così anestetizzati o complici da accettare supinamente che anche le squadre azzurre più amate vengano strumentalizzate dai padroni del non-gioco per eccellenza con la complicità dei vertici del mondo calcistico?
Non riesco a rassegnarmi a questo devastante laissez faire.. Come tutti gli amici che da anni conducono – “dal basso” della società ma anche “dall’alto” di una politica consapevole – questa battaglia disarmata e decisa, resto persuaso che la strada maestra passi dal blocco totale, senza esitazioni ed eccezioni, della pubblicità dell’azzardo. Proprio come accade con spot e inserzioni di fumo e superalcolici. Aspetto poi di capire in che misura il 2017 ci porterà il corposo taglio delle “macchinette” stabilito dal governo secondo un calendario purtroppo da definire e spero che prevalga la linea del sottosegretario Baretta per una svolta netta e immediata. Quanto alla azzardata sponsorizzazione delle Nazionali nutro la seria convinzione che una risposta verrà. E prima della partita Italia-Germania che il 15 novembre vedrà protagonista la nostra Nazionale maggiore. Mi auguro che sarà civilmente e politicamente giusta. Checché ne pensi il signor Tavecchio, l’«Azzurro vergogna» non può durare.