Una chiesa vuota e tante piene. I cristiani sale della terra, non massa
Una chiesa vuota e tante piene. Quello che conta è dare e vivere fede e speranza Un parroco, in provincia di Venezia, scrive alla porta della sua chiesa: «La santa Messa è sospesa per mancanza di fedeli». La cosa fa discutere. Qualche giornale scrive che «nonostante Francesco» le chiese si svuotano. Che fare? Sabato scorso 'Avvenire' dedica un’intera pagina a don Primo Mazzolari e al suo rapporto con i lontani. A distanza di 80 anni le intuizioni di questo sacerdote lombardo – per il quale sta per iniziare il processo di beatificazione – sono di un’attualità impressionante. Don Primo, rispondendo al suo vescovo, dice che per i lontani non ci sono ricette valide una volta per tutte, ma che di volta in volta occorre discernere che cosa fare, come parlare, come agire. I lontani di oggi non sono paragonabili ai lontani di ieri e nemmeno a quelli di domani. La parrocchia chiusa per mancanza di fedeli è una piccola comunità di persone anziane, in provincia di Venezia, è del tutto logico, che in inverno, per motivi facilmente immaginabili, la chiesa, soprattutto nei giorni feriali, possa rimanere vuota. Viceversa, la mia chiassosa parrocchia di periferia, nei giorni di Pasqua era strapiena di giovani e bambini. Questo, naturalmente, non vuol dire che tutti siamo innamorati di Gesù e del suo messaggio rivoluzionario; che abbiamo veramente a cuore i poveri e la vita nascente; che viviamo in pace in famiglia e con gli amici. La fede cristiana è una proposta. Si può accogliere o rifiutare.
Chi l’accetta può viverla in minima parte o respirarla tutta, senza saziarsi mai. La fede è, per così dire, a cerchi concentrici. Si parte dalla periferia per arrivare al nucleo centrale. I santi hanno affondato le loro radici nel profondo e non si sono lasciati distrarre da niente e da nessuno. Essi sanno in chi hanno creduto. Altri in modo diverso per intensità, profondità, entusiasmo, convinzione, di volta in volta si accostano o si allontanano dal messaggio del vangelo. Gesù non se ne scandalizza per niente e ci chiede di fare altrettanto. Al contrario, non fa che richiamarci alla conversione senza mai rinfacciarci niente. Ci dà sempre nuove possibilità, ci invita sempre a ricominciare daccapo. Senza stancarci, senza disperarci, senza rassegnarci. I lontani di cui parlava Mazzolari possiamo anche essere noi che siamo stati battezzati e cresimati. Non sono le chiese più o meno piene a dire la vitalità della Chiesa, ma la capacità che essa ha di essere sale della terra e luce del mondo. Il sale, sciogliendosi, cioè perdendo la sua consistenza, dona sapore al cibo. Quando c’è non ci badi, ma se manca te ne accorgi al primo assaggio. La luce illumina le cose e le persone con una umiltà che spaventa. Mai attrae l’attenzione su di sé. Chi fissa un panorama a mezzogiorno resta estasiato a contemplare il mare, le montagne, i laghi, il volto della persona amata. Non bada troppo alla luce che permette ai suoi occhi di vedere il bello. L’umiltà è la virtù di cui necessita questa nostra cara e povera umanità. L’umiltà è l’altra faccia della verità, della realtà. L’umiltà mi fa riconoscere che tutto ho ricevuto in dono. Gratuitamente. Quindi, gratuitamente ho il dovere di restituire. E si restituisce solo servendo. In ogni campo. L’acqua viva del vangelo irriga i solchi dell’umanità e della stessa Chiesa.
A volte in modo più visibile, altre volte in modo più nascosto e misterioso. Dio lo possiamo incontrare in chiesa e in un campo di papaveri, in un bambino che nasce o in un amore che muore. Nella salute che scoppia o nella malattia. Naturalmente ci sono momenti privilegiati in cui eleviamo il culto al Signore. La Liturgia è un momento centrale della vita cristiana. Beati coloro che la vivono e da essa si lasciano amalgamare. Beati coloro che – come ci chiede papa Francesco – hanno in tasca il libro dei vangeli. Che riescono a ritagliarsi angoli di silenzio nel frastuono della città. Che sanno alzare gli occhi al cielo e farfugliare una preghiera anche in mezzo al traffico impazzito. Che sanno conservare la speranza quando gli altri si rassegnano. Beati coloro che sanno guardare lontano, che si preoccupano di chi ancora non è nato. Che si impegnano per lasciare il mondo più bello di come lo hanno trovato. Che sanno amare e perdonare. L’uomo è capax Dei. Tutto ciò che riguarda l’uomo: la sua felicità, la sua dignità, i suoi limiti, il suo peccato, interessa alla Chiesa. L’uomo vivente, solo lui è veramente la 'gloria di Dio'. La Chiesa celebra l’Eucarestia per tutti gli uomini, vicini e lontani, santi e peccatori, vivi e morti. Nella basilica di san Pietro in Roma con migliaia di fedeli o in una sperduta cappella di campagna con tre anziani la Messa ha sempre lo stesso valore.