Cattolici e politica. La vera sfida è la difesa della legge naturale
Caro direttore,
diverse importanti e autorevoli riflessioni, spesso sotto forma di lettera a lei indirizzata, stanno apparendo su 'Avvenire'. Diversi gli approcci e diverse le prospettive che delineano su un tema tornato d’attualità: il rapporto tra cattolici e politica. Tra le ultime, e da lei pubblicate appaiate, quelle di Giorgio Merlo e Giorgio Campanini. Vorrei ripartire da lì. Merlo, accantonata definitivamente l’ipotesi del 'partito di cattolici', lancia l’idea di una sorta di «rete bianca», che aiuti a ricomporre la galassia frammentata, e a tutti gli effetti irrilevante, delle varie forme di presenza politica dei cattolici. Mentre Campanini, alla luce dell’esperienza e dell’impegno attuale dell’Azione Cattolica, propone ai cattolici che vogliono impegnarsi in politica una scelta di servizio che riparta dalla formazione. Niente di nuovo, né in un caso né nell’altro, ma due spunti che possono contribuire a rendere più penetrante nel contesto culturale in cui viviamo una proposta politica 'ispirata'.
Papa Francesco intervenendo più volte su questo tema ha ricordato ai cattolici la necessità di un impegno politico, aggiungendo: «I cristiani devono impegnarsi. Ma non creare un partito cristiano, si può fare un partito con valori cristiani senza che sia cristiano!». E ha lanciato un appello a tornare «in politica», dicendo ai giovani: «Per favore mettevi in politica, nella grande politica, nella politica con la P maiuscola. Nessuno può sentirsi esonerato dalla preoccupazione per i poveri e per la giustizia sociale». Il punto è che oggi resta da capire quali siano i valori che debbono ispirare l’agire dei cattolici impegnati in politica e se possano risolversi nell’impegno sociale della preoccupazione per i poveri e per la giustizia sociale.
Sono ormai dominanti le dichiarazioni pubbliche in cui si sostiene che il pluralismo etico è la condizione per la democrazia, anche se questo atteggiamento nei fatti sancisce la decadenza e la dissoluzione dei princìpi della legge morale naturale e spesso della stessa ragione. Le persone rivendicano per le proprie scelte morali la più completa autonomia e la difesa dei diritti individuali comincia proprio da questa rivendicazione.
Contemporaneamente c’è in Parlamento un atteggiamento molto diffuso per cui si crede di rispettare la libertà di scelta delle persone formulando leggi che prescindono dai princìpi dell’etica naturale, come se tutte le concezioni della vita avessero uguale valore. E invocando il valore della tolleranza si chiede a molte persone, tra queste ai cattolici, di rinunciare alle proprie convinzioni, accusandoli spesso di intolleranza e di eccessiva rigidezza, ma soprattutto accusando i cattolici di essere 'fuori dalla modernità'; di non comprendere lo spirito e le esigenze del proprio tempo.
È questa, a mio avviso, la vera sfida dei cattolici impegnati in politica, a prescindere dal partito in cui stanno: il primo valore da difendere è quello della legge naturale, quello di una razionalità che colga le istanze specifiche della natura umana. Nella piena convinzione che la natura dell’uomo con le sue esigenze precede anche la rivelazione cristiana ed è universale, ossia riguarda tutti gli uomini! La storia del XX secolo dimostra che la ragione sta dalla parte di quei cittadini che rifiutano la tesi per cui non esiste una norma morale, radicata nella natura stessa dell’essere umano, ed è con questa norma che si deve confrontare ogni concezione dell’uomo, del bene comune e dello Stato. I cattolici sono liberi di scegliere, tra le opinioni politiche compatibili con la legge morale naturale, quella che secondo il proprio criterio meglio si adegua alle esigenze del Bene comune. La libertà politica non è né può essere fondata sull’idea relativista che tutte le concezioni sul bene dell’uomo hanno la stessa verità e lo stesso valore, ma sul fatto che le attività politiche mirano, e devono contribuire, alla realizzazione del bene, umano e sociale, in un contesto storico, geografico, economico, tecnologico e culturale ben determinato. Dalla diversità delle circostanze scaturisce la pluralità degli orientamenti e delle soluzioni che debbono però essere sempre moralmente accettabili.
Anche questa legislatura obbligherà tutti noi, cattolici e non cattolici, a interrogare la nostra coscienza per verificarne le scelte che definiscono il nostro impegno politico. C’è certamente il tema cruciale delle disuguaglianze sociali, quello della povertà e della dignità umana, soprattutto per le persone più fragili, siano esse migranti venuti da lontano, disabili o grandi anziani. Ma c’è anche il lungo accerchiamento mediatico-culturale con cui si cerca di legittimare la nascita di bambini da coppie dello stesso sesso, aggirando il divieto alla pratica dell’utero in affitto o quello della stepchild adoption. C’è un livello di corruzione dilagante che rende più difficile ai poveri curarsi e ai giovani trovare lavoro. E ognuna di queste cose è, prima di tutto, contro natura.
Senatrice dell’Unione di Centro