Opinioni

Morto nell'auto al sole. I bimbi dimenticati e la legge (ferma) che potrebbe salvarli

Marina Corradi sabato 21 settembre 2019

Giovedì scorso, a Catania era una bellissima giornata. 35 gradi, piena estate. Il sole picchiava sul parcheggio dell’Università di Ingegneria. Ma nessuno si è accorto che in un’auto era rimasto, dimenticato, un bambino. Di neanche due anni, legato nel suo seggiolino. Dormiva forse, quando il padre, un ricercatore, senza averlo lasciato al nido è andato in ufficio, la memoria oscurata da un’amnesia? Strazia pensare che il piccolo si sia svegliato, si sia trovato solo, abbia pianto; col fiato sempre più corto, dentro l’auto arroventata. Fino a quando ha taciuto. Di tante morti di cui leggiamo, una delle più insostenibili: la morte di un bambino, e non per sciagure, guerre, o malvagità, ma per un istante di assurda distrazione. Eppure storie come questa si ripetono ogni estate. Luca, Tatiana, Elena, Jacopo, Gioia, negli ultimi anni sono morti così.

La chiamano 'amnesia dissociativa', la collegano allo stress di genitori che si dividono affannati il figlio fra gli impegni di lavoro. Lo porto io all’asilo, lo vai a prendere tu. Routine. Poi, un giorno, un buco nero. La mamma non lo trova a mezzogiorno, telefona angosciata al marito. E il buco nero che si spezza di schianto, la corsa disperata, il piccolo corpo inerte fra le braccia. All’ospedale di Catania, giovedì, era tardi. Hanno tentato l’impossibile, ma il cuore ormai si era fermato.

È un tipo di tragedia insostenibile, per chi ci sprofonda dentro. Perdere un figlio, per un inconcepibile cedimento della memoria. Sarebbe bastato uno di quei navigatori che spegnendosi dicono dallo schermo: 'Ricordati il bambino'. O un banale sensore sul seggiolino, che lanciasse un segnale acustico. Le nuove auto sono tanto intelligenti: parcheggiano da sole, azionano da sole i tergicristalli, indicano il benzinaio più vicino. Ma il sensore sul seggiolino no, non è ancora obbligatorio in Italia. In teoria dovrebbe, dall’1 luglio 2019. La legge 117/ 2018, approvata alla fine dell’anno scorso, prevedeva questo termine. Occorreva però un decreto attuativo del Ministero dei Trasporti. Che è stato elaborato, e con qualche settimana di ritardo inviato al Tris, l’ufficio della Commissione europea che doveva approvarlo. A Bruxelles, il decreto è stato trovato carente sotto alcuni profili. Riscrivetelo, hanno risposto a Roma. Infine, il via libera. Ora il testo, ha annunciato ieri il ministro dei Trasporti, è sulle scrivanie del Consiglio di Stato. L’approvazione, questione di giorni.

Ma per Leonardo, così si chiamava – è tardi.

Avrà giocato felice al mare, a agosto, sotto lo sguardo dei genitori. Impensabile per loro, pazzesco pensare di potersi solo per un momento dimenticare di lui. E invece quel buio repentino, come un sipario tirato. Il cuore di un uomo che, ricordando di colpo, va in frantumi. Corre. Le auto nel parcheggio brillano, bollenti, al sole. Scatterebbe un allarme, se un ladro forzasse una serratura. Ma per un bambino prigioniero, nessun allarme. La legge? Imbrigliata in un farraginoso intoppo di burocrazia. Se almeno ora davvero, a giorni, la 117/2018 vedesse la luce. Una 'piccola' semplice legge, un segno che almeno su qualcosa di importante riusciamo, concordi, a farcela, in fretta. ('Piccola' legge, poi. Così grande, è la vita di ogni bambino).