Opinioni

Ucraina-Russia e l'8 marzo. I tavoli di guerra, dove le donne non ci sono

Antonella Mariani sabato 5 marzo 2022

Attorno ai tavoli di guerra russi e ucraini non ci sono donne. Sono tutti uomini i delegati che in questi giorni tentano di negoziare una difficile tregua tra Russia e Ucraina, l’aggressore e l’aggredito. Sono presenti solo uomini anche nei consigli di guerra che si svolgono a Mosca: generali con le mostrine, dirigenti dei servizi segreti in completo scuro, consiglieri di strategia politica. Una sola donna si è vista, in uno di quei consessi ad altissimo tasso di testosterone. Elvira Nabiullina, governatrice della Banca centrale russa, sedeva accanto ai ministri e ai consiglieri economici di Putin. Si discuteva degli effetti delle sanzioni, e delle conseguenze della guerra sui conti pubblici. Lei sola, hanno riferito le cronache, aveva un’aria contrariata tra decine di teste maschili annuenti, evitava di guardare lo zar che arringava i suoi.

A parte Nabiullina, dunque, non ci sono donne laddove si decide di guerra, di bombardamenti, di confini, di misure d’emergenza. Eppure in questo conflitto anacronistico nei tempi e antico nei modi abbiamo incontrato straordinari volti e storie di donne, nell’uno e nell’altro fronte, che combattono l’oltraggio definitivo della guerra a mani nude, solo con la forza dell’amore e della vita.

La madre russa che dialoga straziata al cellulare con il figlio, soldato ragazzino mandato al fronte senza un perché e fatto prigioniero dagli ucraini. O quell’altra, che leggerà per sempre nella conversazione di WhatsApp le ultime parole del figlio morto: «Mamma, sono in Ucraina. Questa è una vera guerra, è così dura» e maledirà chi lo ha sottratto al suo abbraccio. Nina, che incinta al nono mese è scappata da Kiev sotto le bombe e, dopo due giorni di viaggio, a Como ha messo al mondo Maria. Elena, lavoratrice ucraina in Sicilia, che al primo ruggito di guerra è rientrata in patria per portare in salvo la figlia maggiore, in un viaggio rocambolesco durato lunghi giorni. Tania, che aspetta impotente e rassegnata le bombe nel suo appartamento di Kiev perché è impensabile portare in un bunker sotterraneo il figlio Lev, affetto da Sindrome di Down. Le infermiere dell’ospedale pediatrico Okhmadet di Kiev, che nei sotterranei continuano a infondere cure e speranza ai bambini malati di cancro.

Una madre e suo figlio nel bus in viaggio dall'Ucraina alla Polonia - Reuters

La madre che cinge in un abbraccio la figlia addormentata in un giaciglio di fortuna nei tunnel della metropolitana, dove poco distante un’altra intrattiene i bambini con matite e disegni, regalando briciole di normalità. E poi ancora, altre storie. La giovane con tre bambini, che saluta con le lacrime agli occhi il marito: loro salgono sul treno verso la Polonia, lui va a combattere, e chissà se e quando si rivedranno. E poi le colonne di madri sfollate dalle città ucraine e rifugiate nei Paesi confinanti, mentre gli uomini vengono impegnati nella resistenza all’invasore. Tra i tanti volti femminili, infine, quello dolcissimo di Polina, la bimba con il ciuffo rosa che non diventerà mai donna perché è stata falciata dalle bombe con i genitori e il fratellino.

Certo, ci sono donne tra i combattenti ucraini e tra quelli russi, e abbiamo visto donne e bambine preparare bombe molotov nelle città minacciate per fronteggiare i cannoni nemici, rudimentale contributo alla difesa della patria. Ma non nelle stanze dove tutto si decide, non nei lunghi tavoli maschili dove l’umanità sofferente non conta e contano soltanto i territori controllati, le armi usate, i nemici catturati, i confini ridisegnati. Nei primi dieci giorni di guerra abbiamo conosciuto innumerevoli esempi di quell’energia vitale femminile che è l’antitesi dell’energia distruttiva di chi vuole combattere e uccidere e fare prigionieri. E che insegue ancora e sempre la vita, rifuggendo la logica disumana della violenza.

A Polina vogliamo dedicare l’8 marzo 2022. A lei, alle donne ucraine, alle mamme russe: assenti ai tavoli dove si decide la guerra, presenti dovunque la si subisce, già con il cuore rivolto al ritorno a casa, all’abbraccio da ritrovare, alla ricostruzione da avviare nelle città e nei cuori. Con l’augurio che il giorno della donna sia, dopo tanta distruzione, un giorno di pace. Sotto gli auspici della Regina della pace: non a caso, una donna.