Fiale per tutti e ciascuno. Guardare prima alla persona anche con le vaccinazioni
Gli affreschi trecenteschi del Buon Governo di Ambrogio Lorenzetti nella Sala dei Nove di Palazzo Pubblico a Siena mostrano attraverso la loro vivace bellezza che un governo buono è solo quello che persegue un unico scopo: il bene comune del popolo che è affidato alla sua autorità. Se il bene comune è la ragion d’essere dell’autorità politica, come ricorda il Catechismo della Chiesa Cattolica (n. 1910), questo bene – che ha da essere di tutti e di ciascuno, al medesimo tempo e in ogni circostanza – non può non guidare anche la politica sanitaria nel fronteggiare l’emergenza pandemica in corso. Gli strumenti adottati, inclusa la vaccinazione, devono rispondere al duplice criterio della tutela e della promozione della salute integrale (che non è solo quella connessa al non ammalarsi di Covid-19) a livello individuale e sociale. Non l’uno senza l’altro, tantomeno l’uno contrapposto all’altro. Se così fosse, si inciamperebbe nell’individualismo che esalta l’egoismo o nel collettivismo che annienta la persona, ideologie entrambe pericolose ma sempre rinascenti anche nella concezione e nella prassi dei sistemi sanitari.
L’acceso dibattito pubblico sui vaccini anti-Covid, la loro disponibilità, sicurezza ed efficacia profilattica, rischia di polarizzare le posizioni degli esperti tecnico- scientifici (la scienza e la tecnologia, anche quella medica, non è mai neutrale di fronte al bene e al male), degli uomini di governo e di amministrazione e dei cittadini attorno ad una misura – quella del rapporto tra beneficio e rischio – che non è un solo calcolo ponderale, stechiometrico, ma riveste una valenza antropologica, morale e sociale. Nell’ottica del bene comune, quello di tutta la comunità ma anche di ognuno dei suoi membri, è imprescindibile la risposta a questa domanda: 'Beneficio per chi? Rischio per chi?'.
Poiché la persona non si dissolve nella comunità (né la salute della persona nella sanità di comunità) e neppure la comunità può prescindere dai suoi singoli membri (né la sanità pubblica dalla salute individuale), quando ci si riferisce al rapporto beneficio/rischio nella somministrazione di un vaccino, così come in ogni altro trattamento sanitario, si deve specificare di chi stiamo parlando. Tale rapporto può infatti essere valutato in relazione al beneficio complessivo e al rischio aggregato per tutta una comunità nazionale o regionale soggetta alla profilassi vaccinale, ma anche in riferimento al singolo soggetto o ad una categoria di soggetti (quelli che presentano caratteristiche fisiche e quadri clinici omogenei e comparabili). Affinché – nel progettare ed attuare una campagna vaccinale con i diversi preparati, i luoghi, i tempi ed il personale a disposizione – si persegua l’autentico bene comune, occorre che il rapporto beneficio/rischio della vaccinazione sia favorevole (e dunque accettabile) sia per l’intera comunità che per ciascun vaccinando.
Non corrisponde ad una retta concezione del bene comune il valutare i benefici della profilassi vaccinale di massa nella lotta al Covid-19 solo in riferimento alla sanità collettiva (diminuzione del numero complessivo di ammalati, riduzione del carico sulle strutture sanitarie e sul personale, liberazione di letti nei reparti ad alta e bassa intensità di cura) e i rischi in termini esclusivi di numero di eventi avversi per milione di vaccinati (considerati anonimamente, a prescindere dalle loro condizioni e situazioni personali). A questa valutazione – necessaria e rilevante – si deve affiancare anche una considerazione altrettanto attenta del beneficio (grado di protezione dalle conseguenze del contrarre il Covid-19) e del rischio (probabilità di eventi avversi o fatali in relazione alle condizioni fisiche e all’anamnesi) per il singolo vaccinando o per categoria di vaccinandi. Come questo possa venire realizzato concretamente dipende dalla disponibilità dei singoli preparati vaccinali (ciascuno con le proprie caratteristiche e la loro coorte di eventi avversi documentati dalla sperimentazione clinica e dalla farmacovigilanza) tra cui scegliere quello più appropriato in casi particolari, dal personale sanitario e dal tempo a disposizione per un’accurata anamnesi ed una valutazione individuale del rapporto beneficio/rischio, dal colloquio previo tra il vaccinando ed il proprio medico curante, e – infine, ma non meno importante – dalla disponibilità del cittadino a considerare l’atto della vaccinazione come non esente comunque da rischi accettabili e foriero di un generoso servizio al bene della comunità cui appartiene.
La persona è il fondamento della società: anche nella più serrata e urgente campagna vaccinale cui ci stiamo preparando, «nell’ordinare le cose ci si deve adeguare all’ordine delle persone e non il contrario» (Concilio Vaticano II, Gaudium et spes, 26).