Quel blasfemo di Beppe Grillo! Che ti combina in quel di Torino? Distribuisce la “comunione” (sic) facendo ingurgitare grilli caramellati ai suoi adepti. Ma come si permette? Tutti addosso al comico genovese, reo di vilipendio della religione cattolica. Tutti, a cominciare dai pii militanti del Partito di maggioranza relativa fino ai cattolici più reattivi. Sui social network tutti addosso, dopo una leggiucchiata ai titoli indignati. Tutti, credenti e miscredenti in difesa dell’Eucaristia parodiata. Ma che cosa è successo veramente?
Dal 2 febbraio, quindi da più di due mesi, Beppe Grillo è in tournée con lo spettacolo
Grillo vs Grillo. Come abbiamo scritto il 4 febbraio nella recensione della prima al Ciak di Milano, è il ritorno del clown. Più o meno riuscito, con alti e bassi. Ma la politica è assente. Zero. Nel finale, Beppe in crisi di identità (chi sono? dove sto andando?) inscena la “grillofagia”, una presa in giro di se stesso, dei grillini e del leaderismo, del comico divenuto suo malgrado (diamogli credito) una sorta di guru, cosa che lui non vuol (più) essere. L’ultimo atto dello show è l’invito agli spettatori a mandarlo, insomma, in quel posto là, dove lui da anni ama mandare gli altri. E il pubblico partecipa di gusto. La “grillofagia” non è la parodia blasfema di un sacramento e a nessuno spettatore, laico o cattolico, da più di due mesi è apparsa tale.
E allora perché il caso scoppia proprio adesso? Avanziamo una timida ipotesi. Grillo sbarca a Torino proprio quando comincia la tenzone elettorale. E forse sulle rive della Dora come su altre rive fatali riservatissimi, ma neanche troppo, sondaggi mettono in allarme qualcuno. Ed ecco che scatta l’improbabile campagna sanfedista, alimentata probabilmente da chi lo spettacolo non l’ha visto eppure parte lancia in resta per sentito dire.
Calma e gesso, amici e compagni. Lo ripetiamo, ma solo perché noi c’eravamo: lo show è un ritorno agli anni Novanta, la politica è lasciata sull’orlo della scena (ed è raccontata come l’esito dell’espulsione dalla tv comminata al comico da antichi persecutori), la religione non c’entra e Grillo fa dell’autoironia. Può piacere o meno. Ma siamo seri: quando si scherza, si scherza. E la campagna elettorale è un’altra storia. Provate, perciò, a darcene una che metta a confronto idee e programmi solidi, senza inventarsi (a scoppio ritardato) il «Grillo blasfemo».