Opinioni

Il caso. C'è un problema se gli ultrà della giustizia personalizzano le sentenze

Antonio Maria Mira mercoledì 23 ottobre 2024

C’è un tema sul quale le notizie false o, se preferite, le fake news, sono ancora più dannose e pericolose. Quello della Giustizia. Perché spesso personalizzano i protagonisti, magistrati o imputati. Non spiegano i fatti ma li giudicano dagli attori. È accaduto e sta accadendo per il decreto della Sezione specializzata in materia di diritti della persona e immigrazione del Tribunale di Roma. Nel mirino di esponenti del governo e della maggioranza, e sulle pagine di giornali di area, è finita Silvia Albano, uno dei 21 magistrati che compongono attualmente la Sezione.

Con l’accusa di essere l’autrice del decreto e con l’aggravante di essere la presidente nazionale di Magistratura democratica, la storica componente di sinistra dei magistrati. Dunque sicuramente schierata contro il governo. Due certezze che ormai rimbalzano tra palazzi e social. Ma la dottoressa Albano non è la “firmatrice”, e dunque la responsabile unica del decreto. Intanto perché i decreti in realtà sono 12, uno per ciascuno dei 12 migranti portati in Albania. Lo prevede la legge visto che non si tratta di un gruppo organizzato ma di singoli finiti assieme sulla stessa barca partita dalla Libia e come tali soccorsi. Dodici decreti ma quasi identici. E non poteva essere che così per i tempi stretti della procedura prevista per la conferma o l’annullamento del trattenimento. I testi, ovviamente, divergono sui singoli nomi e sulla nazionalità, Bangladesh o Egitto. Inoltre, proprio per la nazionalità, riportano le conclusioni della scheda-Paese dell’istruttoria del Ministero degli affari esteri per l’aggiornamento del decreto interministeriale sui Paesi sicuri, che a maggio ha inserito proprio Bangladesh e Egitto. Ultima diversità è in fondo al provvedimento ed è la firma del relatore. Una diversa dall’altra.

C’è quella di Silvia Albano ma anche quella della Presidente della Sezione, Luciana Sangiovanni e di altri quattro magistrati. Una decisione collettiva, dunque. Niente di nuovo, visto che si tratta di un collegio. E lo aveva fatto sapere proprio la presidente nei giorni precedenti, ricordano che la Sezione avrebbe parlato con voce unica. E, infatti, nel comunicato della presidente che ha poi spiegato il decreto, si ripete più volte “la Sezione”. Ricordiamo che proprio in vista dell’operazione Albania la Sezione è stata rafforzata, passando da 14 magistrati in pianta organica a 24 (per ora ne sono arrivati 7), e aumentando anche il personale. Ad analizzare il caso del trattenimento dei 12 migranti sono stati in 6, proprio per i tempi ristretti. E così anche le firme. Un decreto lo ha firmato la presidente Sangiovanni, tre il magistrato con maggiore anzianità di servizio e due ciascuno gli altri quattro, tra i quali la dottoressa Albano. Invece l’unico nome diventato bersaglio è stato il suo. Bersaglio prevedibile, facile, comodo per il suo incarico “correntizio” ma anche per aver espresso nei mesi scorsi varie critiche, non politiche ma tecnico-giuridiche, alle norme che regolamentano le procedure accelerate come quella utilizzata in Albania. Legittimo, anche se alcune volte sarebbe meglio per i magistrati evitare di esporsi soprattutto su temi di cui dovranno occuparsi. Non è un obbligo ma una questione di opportunità, anche per evitare che poi le decisioni prese siano “colorate” politicamente, a favore o contro a prescindere dalle motivazioni. Per questo, lo ripetiamo, la presidente Sangiovanni ha sottolineato la collegialità del decreto, per evitare speculazioni, strumentalizzazioni e personalismi.

E anche per questo, come prevede l’Ordinamento giudiziario, i giudici della Sezione dopo il pronunciamento della Corte europea si erano riuniti esprimendo posizioni unanimi sulla sentenza, quelle poi contenute nei decreti. Invece si personalizza la decisione. Già era accaduto col caso della giudice catanese Iolanda Apostolico, che aveva annullato un provvedimento di trattenimento, precedente però alla Sentenza della Corte di giustizia europea sulla base della quale ha deciso il Tribunale di Roma e prima ancora quelli di altri Tribunali del Nord e del Sud. Ma dei giudici di questi casi non si sono fatti i nomi. Bene. La Giustizia non è una tema da tifoserie, da lasciare in mano a ultrà e cori insultanti allo stadio. Le sentenze vanno lette, capite, spiegate. Non andando subito in fondo a leggere la firma. O, peggio, denunciando quello che non c’è.