Giustizia fiscale: pesa anche come si determina la base imponibile
Gentile direttore,
ho letto con interesse l’articolo di Francesco Gesualdi «Crescita più alta, evasione giù: tutti i falsi miti della “flat tax”» (“Avvenire”, 30 aprile 2019). Il ragionamento è chiaro ed è condivisibile negli obiettivi: rimarcare l’importanza della giustizia fiscale e dell’uguaglianza, da una parte, e la ridistribuzione del reddito, dall’altra. Mi permetto di aggiungere alcune considerazioni. Nel nostro ordinamento già esiste la “flat tax” – o “tassa piatta” – che, in linea di principio, si applica tuttavia solo alle persone giuridiche (società, enti pubblici e privati). I veri ricchi utilizzano quindi holding di famiglia, fondazioni e trust, per “appiattire” la tassazione. In alcuni casi, questi enti non sono neppure in Italia. Pertanto, la tassazione con aliquota progressiva riguarda oggi quasi esclusivamente i redditi da lavoro (dipendente, professionale e impresa individuale). In ogni caso, è veramente ricca una persona con una famiglia numerosa e con un mutuo da pagare, che è titolare, per esempio, di un reddito di 80mila euro e non beneficia neppure degli assegni familiari perché non è lavoratore dipendente? Questa persona, oggi, quanto riceve dagli enti pubblici in termini di assistenza? Vorrei inoltre aggiungere una constatazione: il più grande ostacolo all’attuazione effettiva del principio costituzionale della sussidiarietà orizzontale è rappresentato dalla tassazione troppo alta e ingiusta che erode i risparmi delle famiglie escludendole dalla possibilità di contribuire direttamente al bene comune attraverso doni anche in denaro a favore degli stessi enti del Terzo settore. Dal canto loro, gli enti pubblici, unitamente ai contributi pubblici, detengono così il quasi monopolio nei servizi di assistenza. Infine, non è tanto l’aliquota dell’imposta a garantire la progressività della tassazione, quanto piuttosto la modalità di determinazione della base imponibile su cui calcolare la stessa imposta. A prescindere da tutto, non va dimenticato che la tassazione è giusta se la base imponibile è superiore alla ricchezza disponibile al netto delle spese necessarie, in primis quelle per la famiglia. Oggi, purtroppo, la base imponibile viene calcolata con regole poco realistiche, applicando criteri alcune volte discutibili. In conclusione, critichiamo giustamente la tassa “piatta”; tuttavia, avanziamo proposte in grado di eliminare le contraddizioni di questo sistema fiscale che, con una progressività basate solo sulle aliquote, è ingiusto per tutti, e principalmente per le famiglie.
Siamo d’accordo sull'essenziale, caro professor Bassi: l’equità di un sistema fiscale si valuta sia dalle aliquote applicate, sia dalle modalità di determinazione della base imponibile, sia dal-l’effetto complessivo delle quantità e qualità delle diverse forme d’imposizione concorrenti. Ma non c’è dubbio che le tasse sono una cosa buona – strumenti utili alla causa della lotta alle disuguaglianze e della ridistribuzione del reddito – se sono “giuste”, cioè ben proporzionate, non se sono “piatte”. Nessuno lo sa meglio di padri e madri di famiglia