Dietro i fatti di Londra e Stoccolma, cause note da tempo. Proprio così: più terrorismo se i giovani sono senza lavoro
La disoccupazione e l’impossibilità di sviluppare una sana imprenditorialità giovanile rischiano di divenire il motore di diverse forme di violenza. Inoltre, se le condizioni economiche sfavorevoli alimentano comportamenti distruttivi, questo è tanto più vero quando vittime del declino e della stagnazione economica sono i giovani che hanno conseguito un titolo di studio. Questi, in particolare, sentono di avere acquisito strumenti e conoscenze adeguati per divenire lavoratori o imprenditori più produttivi e si percepiscono in grado di realizzare i propri sogni e le proprie aspirazioni professionali. Nel momento in cui ambizioni e aspettative superiori non sono rispettate, gli individui si sentono privati di un futuro e la rabbia e il dissenso possono evolversi più facilmente in forme di violenza.
La relazione tra livelli di educazione e violenza politica – a parità di altre condizioni – è stata dimostrata vera sia per gli Stati Uniti sia per i Paesi in via di sviluppo. In breve, i giovani intendono vivere un futuro in cui il loro "spirito animale" sia in qualche modo concretato e rappresentato. Non sono la povertà o il disagio economico in sé a spingerli a reazioni violente, ma piuttosto la sensazione di aver visto i propri sogni naufragare per colpe non proprie e quindi di essere stati beffati e infine dimenticati. Non a caso questi sentimenti emergono principalmente tra le comunità etniche di seconda generazione che percepiscono la loro esclusione dalle opportunità economiche in maniera ancora più marcata e nei confronti dei quali una compiuta integrazione appare piuttosto come una promessa non mantenuta. In questo contesto, gli estremismi politici di qualsiasi colore e ispirazione divengono facili armi da brandire contro l’ordine costituito o contro chi lo rappresenta. Londra chiama, quindi, non a spettacolari e muscolari azioni di polizia, ma a politiche economiche che disarmino questa "bomba" di giovani generazioni che si sentono tradite e umiliate.
Combattere la disoccupazione giovanile deve divenire la priorità da affiancare con pari dignità alle misure di stabilità macroeconomica perseguite negli ultimi anni. L’annuncio che il Consiglio Europeo affronterà tale tema è sicuramente una buona notizia, ma è necessario fare presto. Abbiamo la necessità di politiche economiche che favoriscano l’occupazione, e soprattutto l’imprenditoria giovanile, attraverso nuove forme di accesso al credito. Solo favorendo il dispiegamento delle più motivate forze produttive potremo, tra l’altro, ritornare su di un percorso di sviluppo sostenibile e duraturo. Riconoscere questa priorità significa anche restituire speranza, ma soprattutto dignità e valore al lavoro inteso come espressione della capacità creativa e produttiva di donne e uomini inseriti in una comunità. Se viceversa si vorrà ulteriormente ignorare questo aspetto, il futuro di pace e benessere a cui tutti aspiriamo per le nostre società potrebbe risultare compromesso.