Il caso. Il coraggio di denunciare gli sfruttatori, costato la vita al ragazzo barbiere
Guardate la faccia di questo ragazzo. 19 anni, ma non ha ancora qualcosa di infantile nelle guance, negli occhi? E sì che per arrivare in Italia, probabilmente dal mare, Mahmoud Abdalla, egiziano, deve averne passate tante. Però ce l’aveva fatta: lavorava in una bottega di barbiere a Sestri Levante, condotta da due connazionali. In nero, naturalmente, come quasi tutti i giovani migranti. E dormiva, con i suoi compagni, nel retrobottega. Forse all’inizio gli era bastato: era vivo, e poteva mandare soldi a casa.
Ma era in gamba Mahmoud, con le forbici e il rasoio, e ai clienti era simpatico. Chiedevano di lui. Chissà, un giorno forse un cliente italiano, vedendolo così giovane, gli ha domandato dove, come viveva. E lui, a bassa voce, ha raccontato: del lavoro in nero, della branda nel retro. Magari proprio quel cliente gli ha suggerito di fare denuncia: perché in Italia non si vive da schiavi.
Fatto sta che qualche settimana fa la Finanza piomba nel negozio di Sestri e scopre i lavoranti in nero. Mahmoud si fa avanti, e denuncia. I suoi padroni vanno nei guai. Poi il ragazzo capisce di doversene andare, e trova un posto altrove. Forse telefona a casa? Racconta tutto a sua madre, fiero.
Poi, inspiegabilmente scompare. Pochi giorni, e il mare ne restituisce il corpo atrocemente mutilato delle mani, e decapitato. Ha il cuore trafitto da molte coltellate. I datori di lavoro confessano, sono stati loro.
Incredibile storia nella quiete della Riviera, fra ombrelloni e bagnini e mamme con i bebè. In Liguria, Italia. Quel ragazzo audacemente arrivato fin lì aveva avuto il tempo di capire che il nostro è un altro mondo, dove chi lavora ha diritti, dove non ci sono “padroni”. Aveva creduto di poter passare l’invisibile confine fra il mondo di miseria da cui veniva, e il nostro. Aveva sporto denuncia. Si era affrancato dal suo giogo.
Ma i suoi due capi, intrisi di una mentalità antica, ostinata, scritta con leggi dure e anche feroci, non hanno lasciato andare Mahmoud. Agli occhi loro aveva violato ogni codice di omertà e silenzio, agli occhi loro era un traditore. E in quale modo orribile lo hanno ucciso e straziato. Sembrerebbe quasi un avvertimento agli altri Mahmoud, irregolari, sottopagati, sfruttati. Un monito: guardate che succede, a chi tradisce.
La testa del ragazzo ancora non è stata trovata. Forse la riporterà, pietoso, il mare. Lo stesso mare nostro, in cui facciamo il bagno e andiamo in pedalò. Il medesimo mare, ma frontiere invisibili lo dividono. Ci siamo noi e ci sono “loro”, i senza tetto né legge.
Mahmoud ci aveva provato, a fare il salto. Sorride, nella foto sul web, come un ragazzino promosso a scuola, quasi incredulo di avercela fatta. E invece, quale morte.
Mentre l’estate attorno sulla Riviera prosegue lieve, e i nostri figli coetanei di quel ragazzo venuto dal mare la sera vanno, spensierati, a ballare.