Il direttore risponde. Gesù, il carcere, un doppio sproposito
Caro direttore,
siamo una famiglia di Padova, frequentiamo la nostra parrocchia di Santa Croce. Abbiamo ascoltato con un certo stupore il paragone che il ministro Alfano ha fatto tra il processo di Berlusconi appena concluso e quello di Gesù. A parte la materia (Gesù invitava a pagare le tasse!) ci sembra un paragone irrispettoso. Ma anche pericoloso, soprattutto perché i molti cattolici che hanno votato per Berlusconi saranno tentati di prenderlo per buono... Ma anche se ci sbagliassimo noi e il paragone fosse sensato, non si potrebbe avere una parola di chiarimento sul giornale?
Famiglia Grespan, PadovaSì, cari amici, mi sembra che qualcosa da chiarire ci sia. E non a proposito della definitiva condanna di Silvio Berlusconi per frode al fisco e agli azionisti di Mediaset (notizia già ampiamente riportata e puntualmente commentata anche su queste colonne), ma riguardo alle parole del ministro Alfano. Perché mai dovremmo commentare il modo con cui alcuni giornali hanno usato le parole del vicepremier e ministro dell’Interno? Al Meeting di Rimini, questi si è richiamato a Nostro Signore nel corso di uno scambio di opinioni sulla condizione carceraria nel nostro Paese. Lo ha fatto ricordando le parole di un cappellano che lo aveva esortato durante la visita a un istituto di pena a «guardare ai detenuti come se fossero nella condizione di Cristo». Di qui la considerazione di Alfano che qualcuno ha ritenuto «ardita»: «L’esempio di Cristo non poteva essere più pertinente, perché evidenzia l’esigenza di un giusto processo e i limiti di un giudizio popolare». Ma il «paragone irrispettoso» tra la condanna di Gesù e quella di Berlusconi (che è stato definitivamente condannato non da una giuria popolare, ma da magistrati di Cassazione) non è mai stato proposto. Lo testimoniano anche le agenzie che hanno riportato le parole del ministro dell’Interno. Il paragone è nato dopo. Doppiamente a sproposito.