Opinioni

La fragilità di un desiderio oltre i limiti. Genitori fuori tempo

Lucia Bellaspiga mercoledì 21 settembre 2011
Viola: nata a Torino un anno e mezzo fa, oggi tolta ai suoi genitori per sentenza dei giudici. Karola e Adriana: gemelline partorite a Salerno dieci giorni fa, ora in terapia intensiva. Storie diverse, nell’epilogo, ma accomunate da due donne divenute madri alla soglia dei sessant’anni. Sposate a due papà di 71 e 64. Sono una quindicina ogni anno le italiane ultracinquantenni angosciate da un desiderio di maternità che non conosce ragioni, per appagare il quale si affidano alla tecnologia, anche se in Italia è vietata: Paesi con pochi scrupoli e tanta miseria non pongono limiti anagrafici e per qualche migliaio di euro esaudiscono ogni richiesta. Storie diverse, dicevamo. Nessuno, infatti, allontanerà Karola e Adriana dai loro genitori, che sono medici e sapranno gestirsi, crescendo le bimbe da perfetti nonni. Invece Viola già al suo primo mese di vita era stata affidata a un’altra coppia e qualche giorno fa è stata dichiarata adottabile. Perché questa differenza?Diciamo subito che la legge non fissa un tetto massimo d’età perché una donna possa partorire. L’affermazione appare lapalissiana, eppure non è inutile, dato che esiste invece un limite minimo d’età: se entrambi i genitori hanno meno di 16 anni non possono riconoscere il figlio (fino alla maggiore età del più adulto tra i due). Dunque la sentenza con cui Viola è stata tolta agli anziani genitori sarebbe un insopportabile atto di violenza e presunzione da parte dei giudici qualora la causa fosse l’età avanzata dei due, come è stato riportato dai media. Certo non si tolgono i figli in base agli anni, e d’altra parte quanti nonni educherebbero i nipoti assai meglio dei loro genitori? Conosciamo una donna che a 58 anni ha messo al mondo il cosiddetto "figlio della menopausa" in modo del tutto naturale, quando ormai da tempo era certa di non poter più procreare: nessun magistrato farebbe irruzione nell’armonia familiare di quella casa per affidare a una coppia giovane ed estranea il frutto del loro amore. Il padre e la madre di Viola, invece, hanno seguito ben altri percorsi, a lei sono arrivati dopo dieci tentativi di procreazione assistita, approdando infine a una (illegale) fecondazione eterologa. Ma nemmeno questo, a cose fatte, ovvero dopo che un figlio è venuto al mondo, giustificherebbe mai un’azione terribile come strapparlo a chi l’ha partorito. Quale il motivo, dunque? "Via la figlia perché anziani", titolavano i due giornali che per primi hanno dato la notizia, facendo trasalire tutti noi, preoccupati per il futuro di una bimba che in quinta elementare avrà un padre di 81 e una madre di 68 anni, ma altrettanto immedesimati nella disperazione di una coppia che, come unica colpa, avesse l’età. Però le 16 pagine con cui il Tribunale dei minori motiva la sentenza sostengono tutt’altro, riferiscono i pareri dei consulenti tecnici e le osservazioni degli psicologi, ma anche le segnalazioni provenienti dal servizio sociale dell’Ospedale Sant’Anna di Torino, dove la donna ha partorito. Relazioni che sostengono un preoccupante distacco emotivo dei due coniugi dalla piccola, l’evidente incapacità di accudirla, grande stanchezza e confusione nel prendersene cura, al punto da scordarsi per ore di nutrirla. Rilievi che obbligherebbero i giudici a intervenire anche con genitori ventenni. Accuse ingiuste? Esagerate? O invece sacrosante? Non vorremmo essere nei panni di chi è chiamato a giudicare, soprattutto quando la posta in gioco è la separazione di un figlio da sua madre e suo padre. Resta però almeno un punto fermo: non esiste un "diritto" a essere genitori, nessun desiderio inappagato giustifica la presunzione di voler forzare la natura oltre ogni limite soltanto perché oggi la tecnica lo permette. «Il medico che ha eseguito la fecondazione avrebbe dovuto fermarsi – ha detto Ignazio Marino, chirurgo e senatore Pd –. Non tutto ciò che è tecnicamente possibile è anche eticamente accettabile». «Non siamo egoisti», ribatte il padre delle gemelline. Ma a chi gli domanda perché non abbiano nutrito la loro fame d’amore adottando un bambino rimasto senza genitori, anziché cercandolo nell’ovulo di una sconosciuta "donatrice", risponde sicuro che non sarebbe stata la stessa cosa: «Mia moglie voleva sentir crescere la vita dentro di sé».