Gay Pride, processioni, uso dei simboli La chiarezza cristiana è anche rispetto
Gentile direttore,
l’arcivescovo di Modena e Nonantola, monsignor Erio Castellucci, in merito alla manifestazione del Gay Pride che si terrà a Modena oggi, primo giugno, ha, in sintesi, espresso dissenso richiamando i valori cristiani della famiglia, ma anche auspicato dialogo e confronto costruttivo, richiamando i cristiani a questo atteggiamento. Inoltre, ha chiesto rispetto reciproco tra coloro che la pensano diversamente, ricordando che deve essere sempre garantita a tutti la possibilità di manifestare le proprie idee, anche se non lo ha detto, intendeva dire pacificamente, senza per contro essere aggredito e insultato. Tutto questo ha scritto il vescovo, secondo quanto avete scritto anche voi di “Avveni- Gre”, «si chiama, cristianamente, stile evangelico». Uno stile capace di guardare l’altro non come nemico, ma come persona che porta in sé l’immagine e somiglianza di Dio anche se porta in seno pensieri e idee e pronuncia parole diverse da quelle del vero cristiano. Un bell’esempio viene da questo vescovo che, a mio parere, si differenzia da quello assunto da certi altri prelati della Chiesa Cattolica che, recentemente, hanno pronunciato parole poco indulgenti e misericordiose verso una parte politica della nostra Nazione. E questo atteggiamento apparentemente poco cristiano aveva scosso, ancora a mio parere, indipendentemente dalla sostanza, parte della popolazione cattolica italiana.
Credo anch’io che la parola del vescovo Erio in occasione del “Modena Pride” che associazioni di persone omosessuali hanno organizzato per oggi nella citta emiliana e della contemporanea “Processione pubblica di riparazione”, promossa da un locale comitato di fedeli cattolici, sia stata esemplarmente saggia e... formativa. Certamente da un punto di vista cristiano ma anche sul piano civile. Questo sia per i contenuti proposti sia per il metodo indicato e applicato. Le parole chiave sono quelle della visione antropologica cattolica accompagnate dall’augurio e dalla disponibilità per un «costruttivo confronto» nel rispetto reciproco e nella capacità di manifestare non “contro” ma “per” ( tinyurl.com/y4jphmpp ).Vedo, gentile e caro signor Po che su questo punto lei e io siamo ben d’accordo. E non serve dire di più. Credo che invece sia utile soffermarsi un poco sulla chiusura della sua lettera. Cioè di ragionare su quelle che lei definisce le parole «poco indulgenti e misericordiose» che sarebbero state pronunciate da autorevoli voci della Chiesa «verso una parte politica», ovvero – il suo riferimento non è esplicito, ma è trasparente – nei confronti della Lega a causa dell’uso del Rosario e della Croce in comizi di piazza, sui social e in tv da parte del leader di quel partito, Matteo Salvini. Ebbene io ho sentito parole sul gesto e non sull’uomo, richiami al rispetto e non anatemi, auspici di coerenza e non condanne. Certo chiari, e in qualche caso dolorosamente appassionati. Del resto, proprio l’arcivescovo di Modena e Nonantola Castellucci nel suo intervento a proposito di Gay Pride e Processione di riparazione ha ricordato che la Chiesa, secondo la splendida ed efficacissima espressione di san Giovanni XXIII, sa di dover distinguere sempre tra “errore” ed “errante”. Questo è il punto. E questi sono lo spirito e lo «stile evangelico» con cui i nostri vescovi e cardinali e, ogni cattolico, è tenuto a partecipare al dibattito pubblico. Uno stile che non toglie le parole e non le svuota, ma le disarma. E Dio sa di quanto abbiamo bisogno di questo! Prova ne è che lo stesso vescovo Erio, a proposito di uso sbagliato di simboli sacri, ha invitato con pacata fermezza a evitare la «provocazione» di insistere nell’inserire nel logo del Gay Pride il rosone della Cattedrale, «simbolo caro ai modenesi, non solo cattolici ». Se questo vale per un rosone, quanto di più per la Croce e il Rosario? Il rispetto non è un esercizio astratto, un sentimento vago, ma è semplice e concreto esercizio del senso della misura, del limite e dell’accoglienza dell’altro, ed è volontà di riservare a lui o lei (e ai sentimenti che prova) la stessa considerazione che si vorrebbe ricevere. Abbiamo imparato, anche sbagliando, e san Giovanni Paolo II nel Grande Giubileo del 2000 ha chiesto perdono per tutti quegli errori, che il rispetto è sempre parte della chiarezza cristiana.