Il direttore risponde. G8 università, un’occasione perduta
Christian Grasso Avignone (Francia)
Purtroppo la cronaca degli scontri prodotti dalla violenza di pochi energumeni – persino la stampa più condiscendente verso l’area della protesta ha alla fine dovuto prenderne atto – ha cancellato l’evento principale, quel '2009 G8 University Summit' di Torino, la cui denominazione (peraltro in sequenza con quella dell’incontro svoltosi l’anno scorso in Giappone a Sapporo) ha agito da drappo rosso per gli animi sempre pronti a esagitarsi dei professionisti del tumulto. Un risultato disastroso, di cui le vittime, ancor prima dei rettori o dei cattedratici, siete voi studenti e ricercatori; chi ha bisogno di un’università seria, moderna, efficiente perché le chiede stimoli, strumenti, opportunità culturali e professionali in grado di alimentare un percorso di vita corrispondente alle proprie aspirazioni e capacità. E così il risultato del confronto, quella 'Dichiarazione sull’educazione e la ricerca per uno sviluppo sostenibile e responsabile' sottoscritta dai 41 rettori di università di tutto il mondo, è praticamente scomparsa sotto il tumulto scatenato avverso alle forze dell’ordine; è stata sovrastata dal bilancio dei feriti e dei contusi, tutti in divisa. Un’occasione rovinata, che va a vantaggio solo di chi mira al «tanto peggio, tanto meglio». È mortificante, ma forse bisognerà rassegnarsi a svolgere vertici internazionali, anche quelli non a carattere politico, in località sempre più inaccessibili e presidiate. Ben triste epilogo, specie riferito al mondo universitario, che ha nel cosmopolitismo, nell’apertura e nello scambio delle persone una caratteristica originaria, vissuta fin dai primissimi «studium» medievali. Dall’universalità aperta e curiosa, alla blindatura tetra e segnata dalla violenza. Triste davvero. Ma la democrazia non può cedere il campo a poche decine di imbecilli violenti e a un’«onda» che si va riducendo sempre più a scontata e limacciosa increspatura protestataria: gli studenti – anche le recentissime elezioni universitarie lo dimostrano – sono altri rispetto a quelli scesi in piazza nei giorni scorsi, e i problemi pure. Archiviato il summit – con l’impegno a rileggerne il documento – restano i problemi della nostra università. Qui vorrei essere meno sconsolato delle sue conclusioni, ma al momento non sono in grado di esibire prove: speriamo il tempo le produca.