«Io seguo la Chiesa» /8. Fraternità, dal Vangelo al Concilio e ritorno
Papa Francesco riceve il regista Matteo Garrone e gli attori del film "Io Capitano", Città del Vaticano, 14 Settembre 2023.
Il realismo della «Fratelli tutti»: una lettura del presente alla luce dell’annuncio cristiano L’enciclica del 2020 è punto di confluenza e ricapitolazione del magistero di Francesco, un viaggio alle sorgenti della dignità umana e una proposta di vita secondo il santo di Assisi Con la serie «Io seguo la Chiesa» Avvenire sta proponendo a cadenza settimanale, ogni domenica, un viaggio attraverso il magistero di papa Francesco e la sua missione. Le analisi della vaticanista Stefania Falasca si concentrano sulle linee maestre del Concilio Vaticano II che sono state seguite e portate avanti da papa Francesco nel solco della Tradizione. Tutte le puntate uscite sinora qui.
A indicare «l’ideale cristiano di un’unica famiglia dei popoli, solidale nella comune fraternità» era stato Benedetto XVI nella sua lettera enciclica Caritas in veritate del 2009. E l’espressione fraternité universelle era già uscita dalla sua penna quattro anni prima, subito dopo la beatificazione di Charles de Foucauld, che aveva dedicato la vita alla testimonianza tra i musulmani e per il quale quell’espressione era diventata un leitmotiv: «Cristo ci invita alla fratellanza universale». L’Apostolo Pietro nella sua Prima lettera chiede ai cristiani: «Onorate tutti, amate i vostri fratelli» (1Pt 2,17), perché Gesù stesso ha detto: «Voi siete tutti fratelli» (Mt 23, 8). E questa è la stessa fratellanza che si ritrova nell’enciclica Fratelli tutti di papa Francesco, la quale affonda le sue radici nel «Vangelo di Gesù Cristo», come esplicita nella stessa lettera enciclica: « Altri bevono ad altre fonti – afferma Francesco –. Per noi, questa sorgente di dignità umana e di fraternità sta nel Vangelo di Gesù Cristo».
La lettera enciclica di papa Francesco Fratelli tutti, pubblicata il 3 ottobre di tre anni fa, giunta a otto anni di pontificato, rappresenta dunque non solo il punto di confluenza di ampia parte del suo magistero, si direbbe quasi una sua ricapitolazione: è da leggere nel segno dei tempi come chiave di volta e provocazione, considerato il contesto epocale che stiamo attraversando. E Fratelli tutti è, a tutti gli effetti, da considerarsi una lettura del tempo presente alla luce del Vangelo e una proposta di vita secondo «la forma del santo Vangelo», come scrive il santo d’Assisi. «Guardiamo con attenzione, fratelli tutti...» è l’Ammonizione sesta di frate Francesco, che l’attuale Successore di Pietro, infatti, riprende. Dopo la Laudato si’, l’enciclica sulla cura del creato, anche Fratelli tutti, sulla fraternità e l’amicizia sociale, è posta significativamente sotto il patronato di Francesco d’Assisi e indica una fratellanza che si estende non solo agli esseri umani ma all’intero creato. I due documenti — che nel solco della dottrina sociale della Chiesa sono da considerarsi in continuità e sviluppo — riprendono alcuni dei tratti più peculiari del carisma del Povero di Assisi, che, superata ogni frontiera, è fraternamente partecipe della vita di ogni creatura e desideroso di abbracciare in Cristo ogni uomo.
È inoltre sulla scia dell’adagio terenziano, ripreso dalla programmatica Ecclesiam suam di Paolo VI, che papa Francesco ricorda nella sua enciclica quanto «tutto ciò che è umano ci riguardi» e che «dovunque i consessi dei popoli si riuniscono per stabilire i diritti e i doveri dell’uomo, noi siamo onorati, quando ce lo consentono, di assiderci fra loro». La Chiesa del resto, affermava Paolo VI, «chiamata a incarnarsi in ogni situazione e a essere presente attraverso i secoli in ogni luogo della terra — questo significa “cattolica” —, può comprendere, a partire dalla propria esperienza di grazia e di peccato, la bellezza dell’invito al bene e all’amore universale». Considerate le sue fondamenta non si tratta, quindi, di un invito alla fratellanza come cedimento ingenuo a uno spirito utopico, a pii intenti o al filantropismo umanitario, come si è sentito dire da taluni critici. Il Papa di Fratelli tutti conosce perfettamente il realismo critico di sant’Agostino alla teologia politica, alla confusione tra il Regno di Dio e il regno degli uomini. E dunque ancora una volta interpella ciascuno a provocare un cambiamento.
Percorrendo l’enciclica, ci si sente chiamati alle nostre responsabilità, individuali e collettive, di fronte a nuove tendenze ed esigenze che si affacciano sulla scena del mondo. La fraternità qui si lega non ad astrattismi, sostituisce la pace con gli operatori di pace, lo sviluppo con i cooperanti, il rispetto dei diritti con l’attenzione alle esigenze di ogni prossimo, sia esso persona, popolo o comunità. Per questo Fratelli tutti rappresenta oggi un sasso potente nella palude di una fede stagnante e della politica, intesa come «forma più alta di carità». L’enciclica si rivolge a tutti, ma è innegabile che i primi destinatari sono i cristiani, i cattolici, in particolare.
A prendo solennemente il Concilio Vaticano II, Giovanni XXIII aveva segnalato come l’oggetto dell’attesa ecclesiale fosse «un balzo innanzi verso una penetrazione dottrinale e una formazione delle coscienze». E Fratelli tutti in sostanza può essere considerata un «balzo innanzi» tra Concilio e Vangelo. Arco ideale, questo, nel quale s’inquadra e si sviluppa il magistero di papa Francesco, come egli stesso aveva lasciato intendere fin dall’inizio: « Il Concilio Vaticano II è stato una rilettura del Vangelo alla luce della cultura contemporanea. Ha prodotto un irreversibile movimento di rinnovamento che semplicemente viene dallo stesso Vangelo». Ed è sempre alla luce del Vangelo, come si evidenzia ancora una volta in Fratelli tutti, che il Papa legge il presente. Da qui la provocazione e l’attualità della chiave di volta della fratellanza, che è stata il primo orizzonte al quale papa Francesco ha fatto riferimento dando inizio al suo pontificato, quando la sera del 13 marzo 2013, subito dopo l’elezione, affacciandosi al balcone di San Pietro ha chinato la testa davanti alla gente radunata in piazza San Pietro per chiederne la benedizione. Lì aveva definito la relazione vescovo-popolo come «cammino di fratellanza » e aveva concluso: « Preghiamo sempre per noi, l’uno per l’altro. Preghiamo per tutto il mondo, perché ci sia una grande fratellanza».
Nell’arco ideale tra Concilio e Vangelo, su cui si tesse la filigrana del suo magistero, si può comprendere lo spirito e la visione ecclesiale dalle quali scaturisce ed entro cui si circoscrive Fratelli tutti, che poggia francescanamente sulla chiave di volta della fratellanza, ma che presuppone una precisa fondazione, una ri-fondazione culturale che sostenga il disegno della fraternità, che non si limiti a considerarla uno strumento o un auspicio ma delinei una cultura della fraternità da applicare ai rapporti internazionali, per superare i mali e le ombre di un mondo volto a implodere. Nel ciclo di udienze generali tenute dal 5 agosto al 30 settembre 2020 dedicate al tema «Guarire il mondo», papa Francesco aveva rilevato a questo scopo come la nostra tradizione sociale cattolica può aiutare la famiglia umana a guarire questo mondo che soffre di gravi malattie. In questo senso si può dire che nel documento del Papa è presente tutta la preesistente dottrina della Chiesa e in questa direzione sia una chiarissima smentita di pregiudizi, perché nell’enciclica l’idea chiave della fraternità, che è alla base dell’amore sociale, della giustizia anche nei rapporti internazionali, è una realtà che viene chiaramente radicata nel suo fondamento teologico. È radicata anzitutto nella figura di Dio Padre, di fronte al quale siamo tutti fratelli, poi in quella della missione del Figlio, che ci rende fratelli in lui in quanto figli e poi nell’azione dello Spirito. Dunque è chiaro che papa Francesco annunci il Vangelo, con le conseguenze sociali di una conversione del cuore a quella fraternità che è il dono di Dio fatto agli uomini, per renderli capaci di amare e di accogliersi gli uni gli altri e di costruire un mondo più giusto per tutti.
Molti sono i temi che emergono da questo documento, ma al centro dell’enciclica il Papa ha voluto mettere la parabola del Buon Samaritano. È questo il cuore semantico attorno a cui si articola il suo messaggio e si declinano le sue prospettive. La parabola evangelica è pertanto posta al centro dell’enciclica come le Beatitudini sono al centro dell’esortazione Gaudete et exsultate. La parabola del Buon samaritano viene posta come prospettiva ermeneutica dei tempi che stiamo vivendo e contemporaneamente come riferimento che indica la direzione da intraprendere. Al centro di Fratelli tutti, dunque, non c’è che il Vangelo. Quello che Cristo dice nel Vangelo. L’attualizzazione della parabola viene riproposta per essere ascoltata come l’aveva pronunciata Gesù ai suoi tempi, perché possa risuonare di quello stesso scandalo che allora, appena uscita dalla bocca di Cristo, aveva provocato. Con lo stesso scandalo, con la stessa provocazione con cui l’aveva pronunciata Gesù, affinché possa essere vissuta così da avere declinazioni conseguenti nei rapporti, nella società, nella politica nei governi. Così che oggi sono e non posso non essere, come cristiano, il prossimo di migranti, dei rifugiati di Lesbo o di altri luoghi cristiani o musulmani che siano. Così che, oggi, non posso che essere il prossimo dei milioni di sofferenti per la pandemia, ovunque nel mondo, e non posso non essere il prossimo dei poveri, i prediletti del Signore, e che dunque proprio per questo sono al centro del Vangelo e quindi anche al centro anche di questa enciclica.
Nell’ottica della fraternità si aprono dinanzi a noi possibilità al nostro essere cristiani. Al contrario, si chiudono alcune opzioni intrinsecamente contrarie all’essere cristiano, come le ideologie, siano esse populiste o nazionaliste, ogni sistema chiuso. E questo vale anche per la teologia e per la Chiesa: che dovrebbe rifuggire sempre dal rischio delle chiusure ideologiche e autoreferenziali, perché apertura e cambiamento sono il paradigma del cristianesimo, fin dal tempo degli apostoli. Perché è la presenza stessa di Cristo nella Chiesa che permette la propensione all’apertura a tutti. All’inizio di Fratelli tutti il Papa evoca il santo povero d’Assisi. L’enciclica tuttavia chiude con il santo Charles de Foucauld, che non ha rincorso carriere parlando dei poveri ma ha testimoniato nella sua vita la fraternità e la parabola del Buon Samaritano. Prendendo dunque a prestito le sue parole papa Francesco chiosa così la conclusione agli otto capitoli e 287 punti di Fratelli tutti: «“Pregate Iddio affinché io sia davvero il fratello di tutte le anime di questo Paese”. Voleva essere, in definitiva, “il fratello universale”. Ma solo identificandosi con gli ultimi arrivò a essere fratello di tutti. Che Dio ispiri questo ideale in ognuno di noi».