«La Francia mi sembra ormai l'Iraq» No, ma una guerra sbagliata l'ha subita
Gentile direttore,
la Francia si è scoperta il "nuovo Iraq". Quando sentivamo dei cristiani perseguitati, degli attacchi alle chiese, delle donne non musulmane sunnite stuprate e vendute come schiave del sesso, dei bambini uccisi o addestrati a farsi assassini pensavamo fosse qualcosa di lontano, nel tempo e nello spazio. Oggi vediamo che è una cosa che potrebbe accadere alle nostre nonne, che vanno a messa la mattina anche nei giorni feriali, o ai nostri figli e nipoti. Uccisi da tagliagole che si autoproclamano veri musulmani. Perché è accaduto questo? C’è ancora un popolo in Europa che è in grado di reagire o si è tutto interamente bruciato tra buonismo, giochi sul cellulare e spinelli legalizzati?
Luca PirolaLa Francia, gentile signor Pirola, non è il nuovo Iraq, se non altro perché nessuno negli ultimi settantacinque anni, con bombardamenti dall’esterno, ha portato la guerra sul territorio di questo grande Paese che a noi italiani, neolatini ed euromediterranei è così caro e vicino. La Francia non è neanche lontanamente l’Iraq, perché nessuno ha creato con ingerenze belliche disastrose (che i governanti francesi hanno invece compiuto altrove, in Libia e non solo) le premesse per avvelenare la quotidianità delle sue diverse realtà sociali, etniche e religiose scatenandole l’una contro l’altra e, in particolare, mettendo i più forti (per numero o per oscuri sostegni) contro le minoranze religiose.Esattamente questo è invece accaduto in Iraq (e la Francia, in quel caso, non partecipò alla folle guerra dei "volenterosi" voluta da George W. Bush) così come in Siria (e, qui, la Francia porta gravi responsabilità nell’accensione della tremenda guerra civile che ha devastato un prezioso Paese mosaico). In casa propria, però, i timonieri d’Oltralpe hanno condotto - e il popolo francese ha subìto - un altro duro e sbagliato "conflitto", quello che per più di un secolo, dal 1905 a oggi, i governanti di Parigi ispirati da una "laicità negativa" hanno portato all’anima credente della Francia, prima di tutto cattolica, ma non solo cattolica. Si è progettato e lavorato sistematicamente per richiudere, in modo persino asfissiante, la fede delle persone – dei vecchi e nuovi cittadini della République – in una dimensione solo privata, impedendo persino l’elementare diritto a rendere palese negli spazi pubblici (anche attraverso simboli innocenti) la propria identità religiosa. Parte del problema è qui, perché questo disconoscimento che sa di disprezzo pesa molto, accrescendo il senso di estraneità di tanti, alimentando disagi e risentimenti e "comprimendo" in modo persino esplosivo quelle identità religiose così decisive e snobbate. È l’esatto contrario di quella sana "laicità positiva" - cioè rispettosa, inclusiva e cooperante al bene comune - che ispira invece la Costituzione italiana e che, tra qualche contraddizione e incomprensione e cicliche insensate polemiche, noi siamo abituati a praticare. Gli esiti della "guerra" francese alle religioni sono sotto gli occhi di tutti: hanno indebolito anche il tessuto civile di quella società e non hanno evitato le derive assassine del jihadismo islamico.Un’ultima battuta. Convengo che un serio problema del nostro tempo che reclama da tutti lucidità e saggezza sono anche le strategie di "distrazione di massa" a cui lei accenna, ma non riesco proprio a prendermela come fa lei con il "buonismo"... È il "cattivismo" il problema del mondo, gentile lettore, non il buonismo. Bisogna ricominciare a dirlo chiaro e tondo: i "cattivisti" (politici, giornalisti, mercanti di armi, agit-prop...) sono fratelli e complici dei terroristi delle bombe, dei coltelli e della parola. La strada che ci porta lontano da tutti costoro e dal disperato e disperante mondo in guerra totale che essi vogliono imporci è quella indicata da coloro che sprezzantemente chiamano i "buoni". E che sono i "giusti" che amano e vogliono vera pace. Ascoltiamoli e seguiamoli. Ascoltiamo e seguiamo papa Francesco.