Opinioni

Non abituarsi alla guerra d'Ucraina. Così fragile è il vetro della pace

Marina Corradi domenica 17 luglio 2022

È una casa come le nostre, con una bella cucina chiara. Due donne stanno davanti ai fornelli: una ha indosso un grembiule che pare nuovo, di quelli che si mettono nelle ricorrenze importanti, quando si vuole preparare una cena speciale. Parrebbe proprio d’essere in una delle nostre case. Ma, un attimo: una deflagrazione violenta, lo spostamento d’aria che spacca i vetri delle finestre e manda in frantumi piatti e ciotole. Le due donne cadono a terra in ginocchio, forse sono ferite ma sono vive. Attorno a loro però non è andata in pezzi solo la cucina, ma la casa e la vita intera.

Dove saranno ora i figli, e il marito? Irraggiungibili, dai cellulari muti. E ogni cosa di colpo è sovvertita, ogni cosa è stravolta nella cucina bianca di Vinnytsia, verso la Moldavia, ben lontana dal Donbass. Come se tutto ciò che era prima fosse finito. Un’altra foto. È una strada come le nostre, con auto e aiuole finalmente verdi dopo il lungo gelo ucraino.

Con vetrine, semafori, passanti. Un istante dopo è un mondo fumante e incenerito, gente a terra, morta, o ferita, gente che scappa o cerca disperatamente la persona che aveva accanto. In primo piano, in quella foto sul web, c’è un passeggino rosa, ribaltato e sporco di sangue: sangue, evidentemente, di una bambina. Un passeggino: ce n’era uno anche, fra i rottami, alla stazione di Kramatorsk, l’8 aprile, oltre 50 morti e 100 feriti.

Ce n’era uno anche nella 'Corazzata Potëmkin', potente film di Ejzenštejn sulla Rivoluzione russa: quella carrozzina che sulle scalinate di Odessa, abbandonata dalla madre ferita, prendeva a rotolare giù, lenta dapprima e poi sempre più tragicamente veloce. 'La corazzata Potëmkin', un capolavoro da cineteca, venne definito negli anni 70 da Paolo Villaggio «una boiata pazzesca », e noi ragazzi di quell’espressione si rideva: tanto sideralmente lontana ci pareva quella strage, e la carrozzina che correva verso la morte. Cose impossibili, via: nelle nostre piazze le donne spingevano tranquille sui passeggini i loro bambini paffuti e vaccinati. Il resto, il prima, era ricordo degli adulti o già dei vecchi: ci credevamo, certo, senza però riuscire a crederci davvero.

Ora, queste storie di cucine distrutte e passeggini sporchi di sangue avvengono in Europa, a meno di tre ore di volo da Roma. Ora il 'prima' dei vecchi, l’inconcepibile, accade molto vicino. Come in un acquario, vedere appena oltre il vetro uno squalo, e dirsi: tanto, c’è di mezzo un vetro robusto. Che non si spezzerà. Qualcuno fra sé dubita di questa certezza, ma non lo dice ad alta voce. Sorriderebbero gli amici all’happy hour o sotto l’ombrellone – via, che catastrofista che sei. Ma il dubbio censurato, inammissibile, nella indicibilità si fa più tenace. Perché, d’altronde, quella era una cucina dell’Ikea come le nostre, e quello era un passeggino rosa – proprio come quello delle nostre bambine.