Il direttore risponde. Formigoni e le frasi capovolte
Egregio direttore,
nella conferenza stampa di giovedì, di cui anche Avvenire ha dato conto ieri, sia pur brevemente, credo di essere stato chiaro.
Ma se me lo consente mi piacerebbe esserlo ancora di più. In sintesi: ho portato le prove documentali e scritte della «madre di tutte le menzogne», la grande falsità pubblicata da “Repubblica” e “Fatto Quotidiano” nei giorni dal 26 al 28 maggio u.s. Una falsità e una menzogna che per due mesi è stata sventolata in tanti trasmissioni tv e radio, tanti articoli e tanti blog.
Perché una grande menzogna? Ho semplicemente messo visivamente a confronto il testo degli articoli di “Repubblica” e “Fatto” nei quali i due giornali asserivano di riportare virgolettandole le dichiarazioni a verbale del signor Pierangelo Daccò, con l’originale dei verbali stessi desunto dalla Procura di Milano. I falsi sono clamorosi, faccio solo due esempi. 1) Repubblica e Fatto attribuiscono a Daccò la frase «effettivamente ogni anno, da diversi anni da giugno a settembre “Ad majora” (una barca di 27 metri, ndr ) è a disposizione di Formigoni». Tale frase non compare nel verbale dove invece Daccò afferma: «Le barche sono mie ho utilizzato frequentemente queste imbarcazioni che si dice essere state esclusivamente a disposizione di Formigoni e Perego». 2) Repubblica attribuisce a Daccò la frase: «Attraverso Roberto Formigoni ho ottenuto molti contratti in nome della sua amicizia», mentre nel verbale Daccò afferma: «Negli anni ho sfruttato la mia conoscenza personale con Formigoni per accreditarmi con i miei clienti».
In sintesi i due quotidiani pubblicano stralci di un verbale ancora segretato, e li rivoltano come una frittata, traendo in inganno per mesi l’opinione pubblica e provocando una cascata di falsità. Ho dimostrato che la fonte è inquinata, e ovviamente lo è tutto il fiume che ne deriva. Distinti saluti,
Roberto Formigoni, Presidente Regione Lombardia
Apprezzo la sua capacità di sintesi, gentile presidente Fomigoni. E prendo nuovamente atto della grave denuncia che, qui, circostanzia in modo molto preciso. Non sono in grado di verificare i testi da lei citati, nel senso che so che cosa è stato scritto e attribuito da altre testate giornalistiche a Pier Luigi Daccò, mentre non conosco i verbali originali ai quali lei si riferisce. Se l’incredibile capovolgimento di senso di talune affermazioni che emerge dalla sua denuncia fosse vero, a mio avviso – per quel che vale – la sua protesta sarebbe assolutamente fondata e porrebbe uno spinoso problema anche sul piano deontologico. Aggiungo solo una cosa. Sa che mi piace stare ai fatti e che proprio per questo stimo molto il lavoro che lei ha svolto per la Lombardia. Per lo stesso motivo le confermo una valutazione che ho già espresso, sulla stringente necessità – specialmente per chi ha responsabilità di rappresentanza popolare e di governo – di scegliersi bene, oltre che i collaboratori, gli «amici» da frequentare. La seconda dichiarazione a verbale che lei riferisce (sull’uso interessato da parte dell’uomo di affari Daccò della «conoscenza personale» con il presidente della Lombardia) dice tutto in proposito. Ricambio i distinti saluti.