«Se una donna è una "cosa" che si può affittare,
tutta o in tranci, la si può anche bruciare, vetriolare, uccidere». Una frase
forte dai toni paradossali, ma dalla logica ineccepibile: se si impone la
cultura del possesso, e un essere umano è un oggetto da vendere e comprare,
possedere e gettare, le conseguenze estreme possono essere anche certi
agghiaccianti fatti di cronaca. Ebbene,
per questa frase pubblicata sulla sua
bacheca,
Marina Terragni, giornalista e scrittrice, a lungo nota firma di «Io
donna» e del «Corriere della sera», dopo una sequela di insulti,
è stata
segnalata come "omofoba" e si è vista cancellare il post da Facebook
e bloccare per 24 ore il profilo.
Marina Terragni non esclude che si tratti di una forma di
ritorsione per il suo ultimo libro,
«Temporary Mother. Utero in affitto e
mercato dei figli» (VandA epubblishing), che denuncia come le donne diventino
mezzi di produzione e le creature umane oggetti in vendita: «Se perdiamo il
nostro statuto di esseri umani – spiega – può essere meno drammatico dar fuoco
a una donna o somministrarle acido muriatico».
«
Violenza maschile», conclude Marina Terragni. E ricorda
il
caso recentissimo
della sociologa milanese Daniela Danna, dichiaratamente
lesbica. Sabato scorso doveva parlare a Udine del suo libro «Contract Children:
questioning surrogacy» («Bambini su commissione: domande sulla maternità
surrogata»), ma
Arcilesbica, che organizzava l'evento,
ha disdetto all'ultimo minuto su pressione, pare, di altre componenti del movimento Lgbt.
Gran parte delle lesbiche sono infatti contrarie alla Gpa (Gestazione per altri),
i gay invece sono a favore; e per qualcuno è
guerra: «Sarebbe orribile se ci
scannassimo tra donne sulle pretese maschili», è l'amaro commento di
Cristina
Gramolini, presidente di Arcilesbica Milano. Intanto l'appuntamento di Udine è rinviato a data da destinarsi.