Il direttore risponde. A proposito di fobia per la famiglia: noi sempre con madri e padri (e zii)
Signor direttore,
su “Avvenire” avete scritto spesso di «famigliafobia». A parte l’orrore di leggere un termine che unisce famiglia in italiano con fobia, greco antico – che neanche D’Annunzio avrebbe accettato – e che invece sarebbe dovuto essere appunto Oikiofobia, eventualmente, si da il caso che quanti soffrono di oikiofobia siate proprio voi! Sono gay, ho una madre e avevo un padre, ma ho anche una sorella, un cognato e due nipoti... Altri sono gay o lesbiche o transessuali e hanno figli o compagni con i quali dividono la vita “come se” fossero una famiglia riconosciuta dalla legge... Alcuni si sono fatti riconoscere questa famiglia legalmente all’estero, altri, anche in Italia si sono fatti riconoscere questa famiglia davanti a un Dio cristiano, ebraico, buddista e perfino musulmano. Noi abbiamo una famiglia (oikia, in greco antico) d’origine e una famiglia (sempre oikia) acquisita, di cui voi avete paura. Siete oikiofobici. Vabbè, io non ho una famiglia acquisita, sono un single impenitente, o una zitella... et “je suis Charlie”!
Manlio Converti