Opinioni

La realtà, le promesse, le giuste attese. Urge risposta

Francesco Riccardi giovedì 12 maggio 2011
Ci sono classifiche capaci di rendere in maniera plastica la gravità delle urgenze che abbiamo davanti. Come questa sulla tassazione dei salari nei Paesi dell’Ocse, secondo la quale siamo nel gruppo di testa per il peso di imposte e contributi sociali sui salari lordi e in fondo, in zona retrocessione, per i salari netti, cioè per il potere d’acquisto reale dei lavoratori. Ennesima conferma che una riforma profonda del fisco non è più procrastinabile per ragioni di equità e di convenienza economica insieme.Tra 2009 e 2010, infatti, certifica l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo, l’Italia ha visto crescere il prelievo complessivo sui salari lordi dal 46,5 al 46,9% per un lavoratore senza carichi di famiglia. Siamo quinti su 34 nazioni, superati solo da Belgio, Francia, Germania e Austria. Ora, è vero che a questi dati andrebbe affiancata un’analisi delle prestazioni previdenziali e sociali correlate, assai diverse nei singoli Paesi. Ma, quand’anche eseguissimo la comparazione, avremmo solo la conferma di ciò che già sappiamo: le rendite pensionistiche sono relativamente alte mentre i sussidi sociali sono scarsi. Ci sono forti squilibri tra le generazioni e le diverse componenti. Intere porzioni di popolazione, come gli inoccupati o le persone in povertà assoluta sono del tutto prive di aiuti.C’è poi un altro dato assai significativo e riguarda il peso del fisco per un genitore con due figli a carico. In questo caso il peso del fisco sui salari lordi scende sì fino al 37,2%, grazie alle detrazioni, ma l’Italia in tale classifica si colloca addirittura al terzo posto, alle spalle soltanto del Belgio e della Francia, molto lontana dalla media Ocse (24,8%). Il prelievo sui redditi delle famiglie di lavoratori dipendenti, così, si rivela tra i più elevati al mondo a fronte di un trasferimento di risorse – dallo Stato alle famiglie stesse – che sta diventando sempre più scarso. Appena l’1,4% del Pil, come ha rivelato giorni fa lo stesso Ocse, a fronte di una media del 2,2% e punte di oltre il doppio (3,8%) in Europa. Infine, il potere d’acquisto, con la classifica ribaltata e gli italiani che si piazzano solo al 22° posto, con 25mila dollari l’anno di salario netto a fronte dei 30mila di media europea.È sufficiente, dunque, mettere in fila i dati delle organizzazioni internazionali per avere una traccia del sentiero di riforma da imboccare con rapidità e decisione. Occorre ragionevolmente spostare parte dell’imposizione dal lavoro dipendente alle rendite finanziarie (titoli di Stato esclusi) e parzialmente ai consumi non di base, attraverso l’incremento e l’armonizzazione delle aliquote Iva. Ma questo stesso percorso generale non avrebbe caratteri di equità – né tanto meno di efficacia reale – se prescindesse da un riequilibrio profondo del trattamento fiscale delle famiglie con persone a carico. In campo ci sono proposte che si sono via via affinate, fino ad arrivare al sistema del «Fattore famiglia», elaborato dal Forum delle associazioni familiari per garantire un’imposizione più equa di chi – a parità di reddito – sostiene il carico della "solidarietà di base" garantita, appunto, dalla dimensione familiare e quello dell’educazione dei figli, curando il futuro del Paese.Prima ancora che questione tecnica, però, il nodo è politico. Il «fisco amico della famiglia» – oltre ad aver caratterizzato almeno due campagne elettorali nazionali – l’estate scorsa fu posto come uno dei 5 punti fondamentali sul quale il presidente del Consiglio ha chiesto la fiducia, al Parlamento e al Paese. Da allora il grande tema è passato allo studio degli esperti e se ne sono perse le tracce, mentre un’altra estate si sta affacciando, la pressione fiscale è cresciuta e si profilano pesanti manovre finanziarie per gli anni a venire. È il momento perciò di scoprire le carte e mettere nero su bianco impegni concreti e tappe di realizzazione. Non vorremmo infatti che dai lavori della commissione ministeriale emergesse – tra riduzioni d’imposta e tagli alle prestazioni sociali – un’operazione a saldo zero, o addirittura negativo, per le famiglie. Sarebbe il colpo di grazia. E non solo per loro.