Caro-vita. Fisco e inflazione, chi salverà le buste paga degli italiani?
Chi salverà le buste paga degli italiani, già mediamente più leggere che negli altri Paesi avanzati, dal tornado dell’inflazione galoppante? La fiammata del caro-vita si sta abbattendo soprattutto su lavoratori dipendenti e pensionati, che a differenza di imprenditori ed autonomi non hanno difese reali a protezione dei loro redditi e sono costretti a subire una riduzione continua del loro potere d’acquisto.
E il fenomeno ripropone con urgenza la grande questione del 'valore' economico, sociale e perfino psicologico del lavoro dipendente in Italia. Sul piano del valore economico del lavoro, l’Italia è protagonista oggi di performance molto negative. Di recente l’Ocse ha ammonito Roma per il livello eccessivo del cuneo fiscale e contributivo, stimato dall’organizzazione al 46,5%: ben 12 punti percentuali in più rispetto alla media dei Paesi d’Organizzazione (34,6%). Ma attenzione: il dato si riferisce a un lavoratore single con retribuzione media.
Per il lavoratore italiano con figli a carico, in realtà, la condizione è ancora peggiore – in termini relativi, rispetto agli altri Paesi del mondo avanzato – a causa della scarsa tutela fiscale della famiglia che da sempre caratterizza il nostro Erario. Su circa 300 miliardi di salari lordi corrisposti ogni anno nel settore privato, infatti, lo Stato italiano incassa circa 180 miliardi di euro: 100 di contributi previdenziali, 80 di Irpef. Il cuneo fiscale e contributivo reale, quindi, è molto più alto di quello definito dalle classifiche internazionali e si attesta sul livello- monstre del 60%. Un livello senza paragoni, ahinoi.
Non a caso, la difesa del 'valore' del lavoro sta diventando un terreno naturale di convergenza tra associazioni datoriali e organizzazioni sindacali. Cisl e Uil sembrano convergere sulla proposta lanciata dal presidente di Confindustria Carlo Bonomi: un taglio del cuneo fiscale dell’entità di 16 miliardi di euro per i redditi sotto i 35mila euro, di cui beneficerebbero per un terzo le imprese e per due terzi i lavoratori, che di fatto si vedrebbero riconoscere una mensilità in più all’anno. La proposta si incrocia con il pressing sindacale sui datori di lavoro per il rinnovo dei contratti scaduti – che riguardano quasi 7 milioni di italiani, ma in grandissima parte nel settore dei servizi e della Pubblica amministrazione – e con la diffusa volontà politica di introdurre in Italia il 'salario minimo', sulla scia della direttiva europea in arrivo.
Da questo punto di vista, è utile chiarire un punto fondamentale: taglio del cuneo fiscale, rinnovo dei contratti scaduti e introduzione del salario minimo non sono in alcun modo tre strumenti alternativi tra di loro, come purtroppo si legge nelle dichiarazioni di alcuni protagonisti dei corpi intermedi. Sono in realtà strumenti complementari, perché soddisfano bisogni distinti di classi lavorative in gran parte diverse. Ma, sia pur per vie differenti, perseguono un obiettivo comune: restituire valore economico, ruolo sociale e dignità psicologica al lavoro.
È un obiettivo vitale per un Paese come il nostro, che prima ha costruito le sue fortune sulla capacità di produzione innovativa e sul lavoro di qualità degli italiani, e poi lo ha clamorosamente dimenticato, favorendo le rendite finanziarie e sociali. Il Governo avrebbe la possibilità di dare subito un segnale forte in materia di lavoro, mediante gli indirizzi contenuti nella delega fiscale all’esame delle Camere.
Peccato che l’accordo raggiunto nei giorni scorsi tra il Governo e la sua maggioranza si sia posto solo altri obiettivi, pur importanti, in particolare il tentativo di rispettare gli impegni presi in Europa nella lotta all’evasione fiscale e nella riforma del catasto. Mentre non contiene nulla di quanto invocato dalle parti sociali: né la previsione di una riduzione importante del cuneo fiscale e contributivo sul lavoro, né una revisione della tassazione che premi il lavoro rispetto alle rendite, né una riforma fiscale a favore delle famiglie. Già, ma così chi salverà, oggi e domani, le buste paga degli italiani? @FFDelzio fdelzio@luiss.it © RIPRODUZIONE RISERVATA