Finalmente ci sarà. Tutto è pronto per il padiglione della Santa Sede nella 55ª Biennale di Venezia. Nella conferenza stampa di presentazione tenutasi ieri, diceva il cardinal Ravasi: «L’arte contemporanea è al centro degli interessi della Chiesa», che vuole «instaurare e incentivare le occasioni di dialogo con un contesto sempre più ampio e diversificato». Il desiderio è di superare il «divorzio non consensuale» con gli artisti. Quelli chiamati a Venezia sono tre: lo Studio Azzurro di Milano, creatore di video e videoambienti; il boemo Josef Koudelka, fotografo di rara intensità drammatica; e l’americano di origini australiane Lawrence Carroll, che in una versione aggiornata dell’arte povera lavora con materiali di scarto. Il tema: la Creazione, la De-Creazione ovvero la distruzione del mondo e dell’ambiente ad opera dell’uomo, la Ri-Creazione, cioè la nuova umanità. Da quando due o tre anni fa si cominciò a parlare dell’eventuale presenza di un Padiglione vaticano alla Biennale di Venezia, si sono sentite alcune esclamazioni di gioia e molte di più di critica o quanto meno di perplessità: che senso ha? a cosa serve? non sarà un ambiente troppo mondano? Occorre chiarirsi. Per molti secoli la Chiesa è stata la più grande committente d’arte, e sempre dell’arte 'contemporanea', quella di quel tempo, di quel gusto, eccetera. Nel Novecento avviene il famigerato distacco tra ecclesiastici e artisti, denunciato da Paolo VI. Ma oggi, proprio nei nostri giorni, il ritorno della Chiesa a grande committente è un problema enorme, perché il mondo è cambiato e le circostanze culturali non sono lontanamente paragonabili a quelle di qualche generazione addietro. Sono sempre più convinto che non è il caso di dare la colpa solo agli uomini di Chiesa, che avranno avuto pure le loro ottusità, ma alla veloce secolarizzazione, al crescere vertiginoso del divario tra fede e sentire comune. Almeno in Occidente. Diciamo che si sta provando a recuperare per il culto la grande arte contemporanea (ammesso che qualcuno sia in grado di dire qual è la grande arte nella babele artistica attuale). Diciamo che si sta cercando di lavorare con gli artisti di vero talento che meglio possano concepire il discorso cristiano. E a onor del vero ci si è riusciti ormai non poche volte. La lezione è questa: si riesce a ottenere buoni risultati lavorando con gli artisti, mettendo insieme la fede e la vera creatività e sensibilità, senza prevaricazioni dell’una sull’altra. Ora, le grandi rassegne mondiali dell’arte contemporanea – e la Biennale di Venezia è ai primi posti – servono a condividere, a riflettere insieme ad altri che lavorano anche per la bellezza. Non è una celebrazione né una gara. Potremmo dire che è un 'fermo immagine' dell’immenso cantiere mondiale dell’arte. Perché mai come oggi l’arte è un cantiere in continua evoluzione. Nessuna meraviglia che il lavoro della Chiesa in quest’ambito sia anch’esso un cantiere in fieri.