Sanità. Farmaci, efficacia ed effetti avversi: cambi il modo di fare ricerca
Abbiamo a disposizione un gran numero di farmaci (nel 2021, assommavano a circa 12.000 confezioni) che includevano circa 1.300 principi attivi, da soli o associati. Di questi farmaci sono noti ed enfatizzati i benefici, perché gli studi clinici controllati, soprattutto quelli più importanti di fase 3, sono finalizzati alla valutazione dei benefici. In altre parole il calcolo del campione, cioè il numero di pazienti da reclutare, si basa sulla percentuale del beneficio atteso rispetto ai controlli. Il beneficio è enfatizzato perché i controlli non sono costituiti, come sarebbe logico, dal miglior trattamento disponibile per quella determinata sintomatologia o malattia, ma dall’impiego di una sostanza inerte nota con il nome di placebo. Ciò naturalmente gonfia i risultati perché l’eventuale beneficio è ottimale, in quanto si riferisce al placebo, mentre in clinica sono disponibili altri farmaci. Al medico e al paziente, invece, interesserebbe sapere se il beneficio del nuovo farmaco è superiore o inferiore a ciò che esiste. Inoltre quando esistono altri farmaci non è etico l’uso del placebo, perché si sottraggono agli ammalati possibilità terapeutiche. Il beneficio è ulteriormente enfatizzato perché si dovrebbe condurre due studi di fase 3, ma chi li può effettuare è sempre l’industria farmaceutica che di solito prepara i protocolli, consultando gruppi di esperti che certamente non penalizzano l’industria. Più obbiettiva sarebbe la valutazione dei benefici, se uno dei due studi dovesse essere realizzato da un ente indipendente.
Diversa è la valutazione dei rischi, premettendo che tutti i farmaci esercitano effetti avversi più o meno importanti. Tuttavia molti degli effetti avversi non verranno raccolti negli studi clinici controllati sia perché il campione dei pazienti è calcolato sui benefici sia perché la durata dello studio può essere inferiore alla durata dell’impiego di farmaci utilizzati per malattie croniche, spesso a vita. Le reazioni avverse si raccolgono, quindi, quando il farmaco è già in commercio e in generale dipendono da rapporti spontanei effettuati da medici, farmacisti o pazienti. Si calcola che se ne raccolgano solo il 10%, perché non esistono strutture deputate a occuparsi della tossicità dei farmaci. I pochi ricercatori che si occupano di questi problemi hanno poche risorse disponibili e sono considerati ricercatori di serie B. Se si considerano le riviste mediche più importanti, l’enfasi è sempre sui benefici, mentre sono molto pochi gli articoli che si occupano degli effetti avversi. Anche il nostro Servizio sanitario nazionale non sembra avere interesse a raccogliere rapidamente gli effetti tossici, ignorando che hanno una ripercussione sulle risorse economiche, dato che spesso richiedono ospedalizzazione e trattamenti terapeutici.
Anche l’Aifa (Agenzia italiana del farmaco), presso cui vengono catalogati i rapporti spontanei, spende poche pagine dei suoi aggiornamenti annuali a descriverli e soprattutto a renderli noti ai pazienti. Va sottolineato che gli effetti tossici si manifestano con più frequenza nelle donne rispetto ai maschi, tanto è vero che 8 su 10 farmaci ritirati dal commercio per tossicità hanno come base effetti avversi riscontrati nelle donne. Cosa fare? Occorre anzitutto partire dalla convinzione che gli effetti tossici dei farmaci non si possono attendere nel tempo ma si devono ricercare. Nell’ambito dell’Aifa si dovrebbe realizzare una struttura interna che utilizzi del personale, direttamente o attraverso Irccs o grandi ospedali, che raccolga dati di tossicità dei farmaci attraverso i pazienti che arrivano ai Pronto soccorso, a coloro che rimangono a lungo negli ospedali, oppure agli anziani che si trovano nelle case di riposo (Rsa). Tutti i dati raccolti dovrebbero essere valutati da un gruppo di esperti e utilizzati per aggiornare rapidamente i foglietti illustrativi come pure per informare tutti i medici. Nei casi più gravi il farmaco potrebbe essere eliminato dal Prontuario terapeutico nazionale, che elenca i farmaci rimborsati dal Ssn. La spesa per sostenere questo gruppo di ricercatori sarebbe ampiamente compensata dai risparmi che nel tempo ne deriverebbero. Come si dice normalmente è necessaria la volontà politica. Ma esiste realmente al di là delle parole?
Fondatore e presidente Istituto di Ricerche farmacologiche Mario Negri Irccs