Il senso della colletta di domani del Banco Alimentare. Fare la spesa per un povero è un gesto di gratitudine
Per un cristiano questo vale in modo radicale perché riconosce di essere voluto e amato da Dio senza condizioni: carità è dono di sé commosso del Creatore verso ogni persona, prima che un gesto dell’uomo verso i suoi simili, come sempre sottolineava don Luigi Giussani ai suoi ragazzi impegnati nelle tante iniziative di carità. Dio che si fa uomo dona se stesso in un atto di carità suprema. Allora la carità e i gesti di carità sono un riflesso di questo essere voluti da un Altro che costituisce la radice più profonda di sé. E quanto più uno ama questa radice profonda, più sarà capace di amare gli altri in modo concreto. San Martino che dona il suo mantello, San Francesco che bacia il lebbroso, don Bosco tra i piccoli emarginati della periferia di Torino, don Orione tra i terremotati di Messina, don Gnocchi che abbraccia i mutilatini, Madre Teresa di Calcutta con i moribondi, esprimono una carità frutto di un legame profondo con l’amore di cui sono oggetto.
Ma questo è ciò che accade anche per il più vero altruismo laico: ci si muove più sinceramente verso gli altri se si è oggetto di affezione e se si è imparato ad aver cara la propria natura come esigenza insaziabile di bello, di giusto e di vero. Così, naturalmente, ci si unisce in reti sociali in cui questa nostra natura è sostenuta e valorizzata. Il significato della sedicesima Giornata Nazionale della Colletta Alimentare (organizzata dalla Fondazione Banco Alimentare onlus per domani, sabato 24 novembre) è tutto qui: fare una spesa per i poveri come espressione della gratitudine per essere al mondo, per essere voluti, per essere generati da un amore, qualunque sia. Il gesto, semplicissimo, esprime quell’impeto radicale a farsi compagni degli altri che nessuna crisi potrà estirpare. E questo diviene nuova speranza per tutti e nuova energia per la ricostruzione che in ogni settore ci aspetta.