Alleanza educativa tra generazioni. Famiglie felici e infelici, schemi da superare
Può darsi che ai suoi tempi quella frase fosse vera, ma oggi come oggi, forse, neppure il conte Tolstoj la detterebbe più in forma così schematica. L’incipit di Anna Karenina, certo, il teorema per cui tutte le famiglie felici sono felici allo stesso modo e le infelici, invece, patiscono ciascuna una specifica, terribile infelicità. Su quest’ultima parte, nulla da eccepire. La tragedia che si è consumata nella notte fra lunedì e martedì a Ferrara è, come ogni tragedia, unica nella sua esemplarità. Anzi, è esemplare proprio perché è unica, non riconducibile a uno schema. Un padre e una madre uccisi a colpi d’ascia dal figlio con la complicità di un altro ragazzo che, se le parole hanno ancora senso, è impossibile definire 'amico'.
Una storia che in superficie assomiglia ad altre, lugubremente famose, che si sono susseguite nelle cronache italiane degli ultimi decenni. Ma che non è una ripetizione di quelle, perché ogni vicenda umana è irripetibile, sempre. In questo sta il suo mistero. Per questo, tra l’altro, abbiamo escogitato l’arte del racconto: per tentare di comprendere e, nello stesso tempo, per tenere a distanza. Le spiegazioni che, una volta di più, cerchiamo di darci in queste ore appartengono alla stessa logica di indagine e contenimento. Si chiamano in causa gli elementi di contesto, si depreca la solitudine dei giovanissimi, si condanna la loro assuefazione a una violenza che, da finzione mediatica, minaccia di trasformarsi in aggressione cruenta, si denunciano l’eccitazione coatta delle droghe e l’ipnotica apatia indotta dalla quotidianità. Tutto vero, sia chiaro, come vera e autentica è la necessità di interrogarsi sulle responsabilità educative che, con tutta evidenza, non riguardano tanto il singolo nucleo familiare, quanto l’attitudine di un’intera società. Ma è a questo punto che occorre fare un passo indietro e ritornare alla prima parte della regola di Tolstoj. Siamo proprio sicuri che per la famiglia del XXI secolo la felicità sia un modello acquisito, un ulteriore schema che si ripete con rassicurante placidità? Non sarà piuttosto che anche le famiglie felici, in questa fase storica, inventano e reinventano ciascuna la propria felicità giorno dopo giorno? Una nuova alleanza educativa tra le generazioni, ecco l’urgenza che l’orrore manifestatosi l’altra notte a Ferrara ci indica. La costruzione di spazi di dialogo e di ascolto, in virtù dei quali l’angosciante complessità del mondo contemporaneo possa diventare un territorio da esplorare insieme, padri e figli, figlie e madri, senza nascondersi i rischi ma anche senza rinunciare a quel tanto di speranza che l’applicazione di uno schema, quale che sia, sarebbe destinata a cancellare. Il male viene sempre 'da più lontano'.
Anche questa è una frase celebre. Un verso di Racine, per l’esattezza, che già all’altezza del XVII secolo proclama la resistenza a ogni pretesa di semplificazione rispetto alla radicale e a volte distruttiva interiorità dell’essere umano. Spostare verso l’esterno il baricentro delle responsabilità potrebbe addirittura costituire una sorta di alibi, quasi una giustificazione che postula come inevitabile un delitto che, al contrario, la coscienza di ciascuno può sempre impedire, fino all’ultimo istante. Sarà un caso, ma già all’epoca di Racine i giornali di maggior successo, i cosiddetti canard, erano pieni di efferate descrizioni di crimini domestici. Non di rado le illustrazioni, non meno grossolane dei testi, erano realizzate giustapponendo l’una all’altra figure già predisposte. Schemi, appunto. Che della realtà evocano l’ombra ma non colgono la sostanza.