Falcone e gli altri miti che spronano Appello ai più giovani. E a noi tutti
Barbara Pollastrini convoca idealmente accanto al giudice assassinato trent’anni fa altre figure alte e forti della lotta alla mafia e per un mondo più giusto. E dice: i ragazzi e le ragazze li “sentono” e possono fare tanto. È così. E ognuno faccia per intero la sua parte
Caro direttore,
trent’anni dalla strage di Capaci, Giovanni Falcone è tra i miti dei ragazzi che vogliono il diritto di credere a un mondo diverso e più giusto. La storia è coscienza per tutti, ma vive coi giovani. Magari va raccontata col linguaggio di Pif e l’agenda interattiva della legalità, in apparenza più lieve. Lui dice che ieri a Palermo non si doveva solo commemorare, ma in qualche modo anche festeggiare Giovanni Falcone e chi gli stava accanto perché ha lasciato un’eredità importante. Lui, comunque, la mafia l’aveva colpita, al maxiprocesso sono stati inflitti 2.665 anni di carcere, e ha restituito onore al sentirsi italiane e italiani. E aggiungeva un consiglio che faccio mio: il 12 giugno a Palermo – e io dico ovunque – guardate bene le liste e chi le sostiene per evitare ritorni pericolosi. Questo Paese, che desideriamo dolce quanto bello, ha dentro di sé trame oscure, eversione, pulsioni neofasciste e corruzione. Ogni generazione si è fatta adulta in una frattura che ha segnato il calendario civile. La mia ha visto interrotto il sogno dei movimenti e dell’invincibilità della partecipazione dalla bomba di piazza Fontana a Milano. Un orologio parla della strage di Bologna e le pietre di inciampo dicono di piazza della Loggia a Brescia. Altri si portano dentro la ferita della caserma Diaz, a Genova. I più anziani hanno con sé i racconti di lotte sindacali assaltate e del nostro riscatto con la Liberazione e la Resistenza. Ma per chi era ragazzo nel 1992 la memoria è l’esplosione di Capaci e poi quella di via d’Amelio, ha i volti di Giovanni Falcone, di Paolo Borsellino e delle donne e degli uomini che erano con loro. Adesso in classe o nei cortili si discute dell’aggressione all’Ucraina, di guerra, di come arrivare al cessate il fuoco, a un negoziato e ai giovani dell’Erasmus riappare una nuova “cortina” che né tecnologie né un inglese ormai imparato forse potrebbero valicare. Una generazione, o per lo meno la parte che lo vuole, impara che la scelta della giustizia e della libertà può essere più importante della propria stessa vita. Avviene nei conflitti aperti del pianeta. Era accaduto vicino a noi. Sapevano di rischiare Peppino Impastato, Piersanti Mattarella, Pio La Torre, Rocco Chinnici, Emanuela Loi, Lea Garofalo, altre e altri con loro, fino al dramma di Rita Atria. Grazie a Libera, a don Luigi Ciotti, ad associazioni e giornalisti che non hanno mai smesso di farsi sentire e di agire. Molto si deve ancora conoscere sui collegamenti tra la criminalità, i poteri, le omertà. Intanto, si è capito e saputo delle infiltrazioni al Nord: l’Italia è una, l’Europa è una, nel male e nel bene. D’altronde è noto, insegui il danaro facile, le super ricchezze e spesso trovi del marcio. Sono giorni nei quali il diritto alla pace primeggia. Però accanto c’è quello alla verità e all’uguaglianza, al lavoro, al sapere, a istituzioni trasparenti. Per la politica onesta rimane il dovere di non rassegnarsi alla immutabilità delle cose, di non rinunciare alla saggezza di don Lorenzo Milani che ammoniva, «obbedire non è più una virtù». Non sarà un caso se figure di ieri come il priore di Barbiana ed Enrico Berlinguer o, di oggi, come Liliana Segre sono “viste” dai quindicenni di adesso. I miti che attraversano le generazioni e mobilitano le persone vengono da chi non si è accontentato e ha inseguito una passione, una moralità fatta di virtù civiche. È vero, in troppi hanno sacrificato la vita anche perché un numero molto maggiore ha rinunciato a battersi e guardato altrove. Alle ragazze e ai ragazzi vorrei dire: prendete nelle mani il vostro destino, se lo farete in tanti e insieme, un altro mondo è possibile.
Penso anch’io, gentile e cara onorevole, e spero fortemente, che «un altro mondo è possibile». Possibile e necessario. Giusto e libero. E, anche se non perfetto, buono per tutti. Ma so anche che a un mondo così non smetteremo mai di lavorarci e che ogni giorno di lavoro è speciale e indispensabile. Per questo ci serve l’esempio di uomini e donne di buona fede, d’azione e di speranza. E ci incoraggia e ci sprona il modello offerto da coloro che hanno saputo vedere chiaro nell’oscurità maligna e vischiosa del potere mafioso (sintesi di tanti aspetti della corruzione che divora la vita di una comunità) contrastandola con lucida tenace e solare fermezza. Giovanni Falcone e Paolo Borsellino li pensiamo sempre insieme non solo perché sono morti, a poche settimane l’uno dall’altro, per mano mafiosa, ma soprattutto perché – da magistrati, da uomini delle istituzioni democratiche – hanno vissuto e condotto insieme la «buona battaglia». Diversi, (laico Falcone, credente Borsellino) e uguali per competenza professionale, per lungimiranza, per civile passione, per moralità. Domenica e ieri mattina ero a Capaci, e ho visto con i miei occhi i giovani e giovanissimi di tutt’Italia riuniti in quel lembo di Sicilia nell’anniversario della strage. Ho visto e letto le parole coraggiose, forti e belle – echi degli atti di resistenza vittoriosa alla mafia – che da trent’anni, ininterrottamente, fioriscono sugli alberi che costeggiano la strada principale di quella cittadina. Ho sentito, ancora una volta, la dignità e la generosità dei siciliani onesti e probi. Ha ragione, gentile e onorevole parlamentare, i “miti” veri hanno una sola e profonda ragione: dicono la verità sulla vita che merita di essere vissuta. E, sottolineo, sono sempre forti, ma mai violenti. Miti, e vigorosi, anche per questo. Certo, potrei e vorrei aggiungere altri nomi alla sua lista, ma qui e ora bastano coloro che ha idealmente convocato attorno a Falcone. Spero, infine, che i ragazzi e le ragazze di oggi sappiano essere più bravi di quanto lo siamo stati noi nell’impegno per far migliore la nostra società, quest’Europa, che la guerra torna a insanguinare, e il mondo intero. E ci conto davvero. Ma so che tutti dobbiamo stare al passo, e tener chiara la meta. Grazie, onorevole Pollastrini, buon lavoro e buon cammino anche a lei.