Facciamo un mondo gentile. E disarmiamolo così
Tre lettere diverse e connesse tra loro aiutano a pensare un augurio per questa estate attesa e amata, torrida e ferita. Non servono “terze vie”, ma riconoscere la strada maestra
Caro Tarquinio, «Appena (l’angelo) suonò la tromba, grandine e fuoco mescolati a sangue scrosciarono sulla terra. Un terzo della terra fu arso, un terzo degli alberi andò bruciato e ogni erba verde si seccò» (Ap 8,7). Fenomeni atmosferici estremi, nubifragi e grandinate, sferzano il Nord Italia. Intense ondate di caldo e devastanti roghi flagellano il Sud Italia. Penso alle immagini apocalittiche della Bibbia. Sconvolgimenti climatici e distruzione della natura sono segni dell’avvento di un tempo “apocalittico”? Siamo prolungamento del disegno d’amore di Dio. Custodi non padroni del Creato – impronta visibile dell’Invisibile. Chiamati a contemplarne la bellezza. A percepirne respiri e profumi, volti e voci nelle creature. A educare il nostro sguardo a osservare, con stupore e ammirazione, la natura. Che ogni giorno si rinnova, si colora, si riveste di vita. La Creazione è ancora in fieri: fenomeni atmosferici, naturali, cosmici sono segni, sintomi, che Dio palpita nelle viscere e nelle fibre dell’universo. Qual è oggi la weltanschauung, la visione del mondo, imperante? L’ecologia integrale disegnata da papa Francesco nell’enciclica Laudato si’: Dio autore del Creato, e l’uomo – saggio e “decentrato” – custode della natura? O l’antropocentrismo degenerato, un Antropocene segnato dall’individualismo: l’uomo stolto e “autocentrato” che opera egoisticamente ferendo irreversibilmente la natura? Homo sapiens abita il Creato come “casa comune”. Homo insipiens considera l’ambiente “spazio privato”. E lo degrada a deserto senza vita e pace, senza fratellanza e speranza.
Vito Melia
Gentile Tarquinio, una delle tecniche per la cattura della balena è quella di arpionare prima il suo piccolo. I pescatori sanno che la madre, animale particolarmente evoluto, non abbandonerà mai suo figlio. È così che riescono a catturarla senza troppe difficoltà, ed è così che la balena muore, perché pur ferita dall’arpione non cerca di fuggire: accetta di farsi flagellare e di morire pur di proteggere fino alla fine il suo cucciolo in sofferenza. Ma come può il mondo umano accettare e comprendere un simile scempio nei confronti di un animale noto soprattutto per essere uno fra più giganteschi e innocui frequentatori del mare? Peggio di questo, ne “I demoni” di Dostoevskij, c’è solo la scena della bambina stuprata dal pervertito che dopo averle fatto violenza si gode divertito la scena del suicidio della medesima, la quale, non riuscendo a reggere alla vergogna, decide di uccidersi. Demoniaco proprio, il non-umano che realizza il contrario dell’Eden.
Patrizia Sole
Caro Marco Tarquinio, ci sono luoghi dove si possono ricevere delle gentilezze silenziose che offrono piccole lezioni di Educazione civica. Uno di questi è l’automobile, e proprio nei percorsi quotidiani. Nei giorni scorsi, ero fermo a un incrocio su viale Simonazzi nella mia Reggio Emilia e un signore ha fermato la sua auto per permettermi d’immettermi sulla strada principale. Ricevere insperatamente una gentilezza è contagioso, specialmente sulla strada, dove spesso andiamo di fretta e concentrati solo sui nostri pensieri, ti spinge a essere più tranquillo e a saper restituire la cortesia ricevuta . Morale: riscoprire la gentilezza anche quando siamo a bordo della nostra auto è possibile!
Enrico Reverberi
Stiamo per inoltrarci in agosto, cuore dell’estate boreale, questa nostra estate 2023, che sappiamo esserci ancora una volta indispensabile, che amiamo e godiamo e che percepiamo torrida e vediamo già segnata dalle cicatrici di disastrosi eventi causati da fuochi e nubifragi. I dati raccolti e analizzati dagli scienziati convocati dall’Onu e le rilevazioni di Copernicus – il sistema di osservazione (non solo) satellitare dell’Unione Europea – ci confermano che, anno dopo anno, si susseguono record di calore di cui faremmo volentieri a meno, prosegue il cambiamento climatico, continuano errori, rapine e avvelenamenti globali. Eppure, ancora non ci decidiamo ad affrontare con la necessaria cooperazione, lucidità e urgenza le conseguenze del nostro modello di crescita economica a spese della casa comune e sulla pelle dei più deboli. Non pochi – cittadini e imprese – cominciano a cambiare i propri «stili di vita», come invita a fare la Laudato si’, ritrovandosi, ridando senso al proprio stare al mondo e al benessere (meglio: all’«esser-bene», come suggerisce Stefano Zamagni), riscoprendo la bellezza del creato e la preziosità dell’altro. Sono i principali frutti di quel sentimento della libertà e del limite, cioè della complementarità, che chiamiamo fraternità e sororità e che possiamo vivere, francescanamente, con ogni vivente. E tuttavia la strada è ancora lunga e comprensibili esitazioni e cautele si mescolano alle manovre storte dei troppi che – con propagande melliflue o aggressive disinformazioni – si adoperano per renderla più ripida, scivolosa e ingannevole.
È esattamente come con la guerra che arma e con la pace che disarma: si continuano a scegliere e a fare la prima o tutt’al più a ipotizzare “terze vie” tra l’una e l’altra, come se si potesse sperare in un sano equilibrio tra pace e guerra. Ma la realtà di un mondo pieno di bene e di generosità, ma anche zeppo di affari armati, di conflitti assassini e di sconfinato e sconfinante dolore dice il contrario. Storia e ragione insegnano che se è vero che la non-guerra non è necessariamente pace, è ancora più vera e impellente la necessità di sovvertire la logica inesorabile per cui le guerre non generano pace, ma solo ambigue tregue tra un massacro e l’altro. Vale per tutti, ma soprattutto – papa Francesco lo rammenterà ai ragazzi e alle ragazze della Gmg di Lisbona – per chi ha incontrato e riconosciuto il Dio della Bibbia e la Parola che è Cristo: non può darsi una via di mezzo tra l’uccidere e il non uccidere, tra lo sconvolgere e il custodire. C’è, insomma, da prendere atto che la strada da seguire è finalmente, semplicemente e coraggiosamente una: «ripudiare la guerra» in ogni sua forma. Nella grande e feroce menzogna bellica del «cainismo» tutto in realtà si riduce a sofferenza, distruzione, disillusione, odio e annichilimento. (E a chi continua a domandare. “E allora come la mettiamo con i cattivi?”, rispondo ancora una volta: non diamo loro ragione, e non rassegniamoci al loro gioco crudele e ai loro cinici calcoli. Resistiamo e cambiamo il disordine delle cose senza arrenderci alla guerra, proprio come non rispondiamo al terrorismo con il terrorismo e all’illibertà con l’illibertà, proprio come non concepiamo più che all’assassinio si risponda con la pena di morte, assassinio di Stato). Politica, diplomazia e polizia bastano e avanzano, se lo si vuole, per dare stabilità e sicurezza alla società umana. È possibile un uso nonviolento della forza. E oggi, in questa stagione complicata e contraddittoria della vita del mondo, abbiamo – se vogliamo – mezzi e modi per farlo capire ai potenti e anche ai prepotenti.
Penso, in definitiva, che abbiamo bisogno di usare e custodire con gentilezza la Terra, la vita che contiene e la bellezza delle culture che in essa si esprimono. Gentilezza: ecco la parola, e il modo di essere, che vorrei ricordare e regalare nel dialogo intessuto oggi, in fondo a un luglio 2023 arroventato, raggelato e insanguinato da disumanità, dissipazioni e distrazioni alle quali dobbiamo porre rimedio: dall’Ucraina e da ogni altro territorio ridotto a campo di battaglia ai deserti africani e alle acque mediterranee delle migrazioni forzatamente irregolari, dagli oceani invasi dalle plastiche e teatro di mattanze di cetacei alle fabbriche insostenibili per persone e ambiente e ai boschi incendiati da speculatori e piromani. Un mondo gentile non è una realtà senza nerbo e senza spazio per idee e battaglie forti, tutt’altro: è una terra ancora e sempre da dissodare e da aver cara, da abitare come si deve e come effettivamente si può.
Certo, la gentilezza con chi ci è accanto e verso ciò che ci circonda sovente è più rimpianto che impegno per molti di noi, eppure ne sentiamo l’importanza e il bisogno, proprio come l’amica e gli amici che mi hanno consegnato le loro riflessioni. Mi ha strappato un sorriso il breve racconto di come la gentilezza possa essere riscoperta e goduta, lungo trafficate strade di città, anche nell’abitacolo della nostra automobile. Un luogo che persino inconsapevolmente sentiamo e viviamo come l’interno di una “corazza” che inscatola la nostra potenza e le nostre ferme rivendicazioni di diritto di passo, di precedenza, di supremazia.
In società che si stanno popolando sempre più di figli unici e di anziani soli si fa fatica a imparare e a ricordare ciò che vuol dire essere fratelli e sorelle, e perciò diventa essenziale attingere alla forza umile, rassicurante e disarmante della gentilezza. Agosto, quasi per tutti, è poco o tanto tempo di vacanza, auguriamoci – e facciamo sì – che sia anche spazio di una gentile pienezza. A ben ritrovarci in settembre.