Il direttore risponde. Cattolici, politica e valori: linearità di impegno
Umberto Fabbro, Padova
Tutto questo «silenzio» non l’ho sentito e non lo sento, caro signor Fabbro. E tutto quel «poco o nulla» – glielo dico da cronista – proprio non mi risulta. Quanto alle etichette delle leggi, so che in genere le dànno (a volte spropositando, altre solo semplificando) polemisti e giornalisti. Io, poi, conosco leggi più o meno buone, ma mai ho letto (e visto applicato) un sistema di norme che fosse possibile definire “legge cattolica” e mai da parte della Chiesa ho visto attribuire una simile dignità. Pensi solo alla Legge 40, quella che ha posto limiti di minimo rispetto umano e medico al vergognoso far west della fecondazione assistita e che tanti credenti e laici (noi compresi) hanno per questo motivo difeso da una salva di quesiti referendari abrogativi: se fosse una “legge cattolica” come dicono, direbbe semplicemente che i figli non si possono “costruire” in provetta. Quanto alla non negoziabilità dei valori fondamentali, mi chiedo perché mai – e l’esempio è tutt’altro che casuale – il pieno riconoscimento del valore della vita umana debba essere considerato un valore “solo” cattolico e perché i laici che condividono questa visione limpida, esigente e bella debbano essere trattati, con sussiego, da «atei devoti» e tutti insieme, laici e cattolici, finiscano regolarmente per essere vituperati come «teocon berlusconiani» o «scocciatori teodem». Importanti segnali di dialogo tra esponenti di partiti diversi di maggioranza e di opposizione intrecciatisi, nei giorni scorsi, proprio sulle pagine di Avvenire hanno confermato che avere idee chiare su ciò che davvero vale, oggi come ieri, aiuta a evitare vaghezze e vuoti di memoria o di agenda. Una simile bussola è una enorme risorsa, non una convenienza e men che meno un impaccio. Ma mi rendo conto, gentile amico, che non tutti e non sempre lo capiscono, anche tra illustri analisti, soprattutto se si scivola sul piano inclinato delle letture “politicistiche” del nostro complicato presente segnato (anzi spaccato) da contrapposizioni e demonizzazioni e sospeso tra mirabolanti ricerche di più avanzati equilibri scientifici, sociali e politici e ansiose domande di lavoro, di futuro e di sicurezza. Eppure bisogna continuare a dire e a testimoniare con tutta la possibile concretezza – su questo ragionava Carlo Casini, lo scorso 14 agosto – che quei valori cardine – rispetto integrale della vita umana e della famiglia generatrice di vita, libertà di far crescere i nostri figli e di formare e dispiegare la loro umanità – sono all’origine delle volontà di giustizia, di uguaglianza, di fraternità e di pace e riempiono di senso il lavoro per realizzarle. Per questo mi domando: come ci si può rassegnare al fatto che, in qualunque condizione, di fronte a qualunque disagio, si facciano giochi e mercato (anche politico) sulla vita? E come si può non capire che ogni capacità di accoglienz e ogni difesa delle identità e della dignità della persona cominciano da lì? Io vedo (quasi sempre lontano dai riflettori) una faticosa e grande opera di umanizzazione – per noi cattolici figlia del Vangelo – che non si ferma. E vedo (sotto coni di luce ben studiati) forze suadenti e potenti che la contrastano, perché non sopportano limiti. Vedo reazioni che diventano addirittura arroganti quando si trovano di fronte a parole forti e chiare come quelle contenute nella Caritas in veritate e sentono parlare di princìpi «intoccabili». Beh, mentre la saluto con viva cordalità, gentile amico, mi sento di ripetere che costoro non hanno ragione. E non possiamo dargliela. (mt)