A quanto pare nelle bozze dell’Ottavo Programma Quadro che sarà discusso in Commissione Europea la prossima settimana, fra i progetti di ricerca finanziabili ci saranno anche quelli sulle cellule staminali embrionali.
Se così fosse, sarebbe confermata la linea politica seguita per l’attuale programma quadro, il settimo, per il quale fu purtroppo decisiva la posizione dell’Italia allora governata dall’Unione di centrosinistra: il ministro Mussi ritirò l’adesione del nostro Paese alla cosiddetta 'minoranza di blocco' che fino ad allora aveva impedito il finanziamento alla ricerca che distrugge embrioni.
Ci furono polemiche furibonde in sede parlamentare europea ma soprattutto in Italia, ad appena un anno dal fallimento del referendum sulla legge 40, con il quale si era tentato invano di abolire i divieti sulla distruzione degli embrioni. Ma il governo Prodi non tornò sulle decisioni del suo ministro diessino, con il risultato che in questi anni, anche con il contributo italiano ai fondi europei, sono stati finanziati progetti di ricerca su staminali embrionali. Sono almeno due i fatti che dovrebbero suggerire un cambio di rotta per gli orientamenti del prossimo programma quadro: innanzitutto le nuove scoperte sulla riprogrammazione cellulare, che hanno aperto nuove strade alla medicina rigenerativa facendo invecchiare la ricerca – fallimentare – sulle embrionali. È di pochi giorni fa la notizia della interruzione di una delle sperimentazioni cliniche esistenti – solo tre in tutto il mondo, ora ridotte a due – sulle cellule staminali embrionali, per il costo troppo elevato rispetto all’effettiva possibilità di raggiungere gli obiettivi sperati.
Il secondo fatto nuovo: la recente sentenza con cui la Corte di Giustizia Europea ha negato la brevettabilità – e quindi i profitti – per procedure che comportino la distruzione di embrioni umani. Una sentenza in linea con la nostra legge 40, quando vieta qualsiasi intervento sull’embrione che non abbia finalità di tutela della sua salute e del suo sviluppo. La Corte di Giustizia europea ha pure utilizzato un concetto ampio di embrione, includendo nella tutela anche quelli formati per trasferimento nucleare – la tecnica con cui è nata la pecora Dolly – e persino la partenogenesi da ovocita non fecondato, cioè quando il gamete femminile si sviluppa analogamente a un embrione, pur senza fecondazione.
Niente brevetti, e quindi niente profitti, neppure da eventuali – pur improbabili – procedure che coinvolgano embrioni clonati o da partenogenesi: è un forte segnale negativo nei confronti di tutta la ricerca sugli embrioni umani, comprese le sperimentazioni più estreme, quelle con cui si vorrebbero cercare di 'produrre' forme 'nuove' di esseri umani.
Sarebbe logico aspettarsi un cambio di rotta, quindi, nelle politiche europee: perché continuare a investire denaro in ricerche improduttive dal punto di vista scientifico ed economico, e tragicamente discutibili sul piano etico, nel mezzo di una crisi gravissima in cui il nostro continente rischia di affondare?
Solo una motivazione ideologica può giustificare un orientamento tanto irragionevole: l’ideologia di chi non si arrende all’evidenza dei fatti; l’ideologia di chi pretende di poter disporre arbitrariamente della vita umana, pur nei suoi primissimi istanti, quando ancora le fattezze dell’umano non sono svelate; l’ideologia di chi, magari negando Dio, si ostina comunque a mettersi in gara con Lui.
Se le notizie fossero confermate e anche l’ottavo programma quadro consentisse finanziamenti alla ricerca sulle staminali embrionali, i nostri parlamentari potrebbero e dovrebbero farsi sentire; sarebbe questa l’occasione utile per riprendere una vecchia proposta avanzata da Eugenia Roccella proprio da queste colonne, e cioè una moratoria sulla ricerca che distrugge gli embrioni.