Il direttore risponde. L’euro diseguale, e la nostra parte
Caro direttore
appare ormai evidente che in Europa c’è una gerarchia tra le nazioni in funzione del costo del denaro, un dato finanziario che condiziona tutta la realtà economica: il costo del lavoro, dei prodotti, dei servizi, del finanziamento delle imprese... della vita, insomma, dello sviluppo, del futuro, dei figli. Ma come mai è così in una Europa in cui tutto dovrebbe essere uguale nelle diverse nazioni (compresa, per esempio, anche la dimensione delle arance)? Perché un italiano può comprare tutto come un tedesco, ma non può comprare alle stesso "prezzo" il denaro? Perché non c’è il mercato comune del denaro? La prima grande causa del diverso costo del denaro è il livello dei diversi debiti pubblici. Per questo, oggi, in Europa abbiamo le nazioni ricche (con un basso debito e un basso costo del danaro) che possono diventare ancora più ricche e abbiamo nazioni povere (con un alto debito pubblico e un alto costo del denaro), che diventeranno sempre più povere. Abbiamo cioè prodotto e accettiamo, a livello delle nazioni, quel vecchio concetto per cui se nascevi figlio di un ricco saresti stato ricco e se nascevi figlio di un povero non avevi speranze. Ma non è contro ideologie come questa che abbiamo lottato per i primi 50 anni del dopoguerra?
Qui nasce la grande domanda: "Perché siamo entrati nell’Europa degli euro?". Ogni tanto mi balla per la mente una risposta che non vuole essere sacrilega: "Perché chi ha deciso pensava di entrare in una alleanza importante, averne lustro e partecipare alle ripartizione dei benefici". Un po’ la stessa motivazione di Mussolini quando nel 1940 decise di entrare in guerra al fianco della Germania. Nessuno aveva previsto che entravamo in una Comunità (solo) Economica e che il mondo sarebbe stato gestito dalla finanza.
Camillo Ronchetti, Milano