Opinioni

Alimentazione e salute. Essere un po' sovrappeso, il segreto di una vita sana

Vittorio A. Sironi martedì 5 aprile 2016
Contrordine. Qualche chilo in più non fa male, anzi giova alla salute. Magri e sani non è più un binomio inscindibile. Deve essere rivisto, almeno in parte. C’è anche un 'grasso buono' che fa vivere di più. È quanto emerge da alcuni recenti studi epidemiologici che hanno coinvolto per parecchi anni più di tre milioni di persone. Certo non bisogna esagerare né fraintendere quello che dimostrano queste ricerche. L’obesità resta comunque una malattia grave e anche il sovrappeso eccessivo fa certamente male. Chi ha un 'indice di massa corporea' (l’indicatore biometrico che, calcolando il rapporto tra peso e altezza, identifica per ogni individuo il giusto peso-forma) superiore a 30 ha certamente più problemi di salute degli altri: maggior rischio di ipertensione arteriosa, di malattie di cuore, di diabete mellito, di ictus cerebrale. Ma essere un po’ sopra l’indice ideale (il 'numero magico' è 25) aiuta a stare meglio e consente di vivere più a lungo. Nel 2013 un’epidemiologa del Center for Disease Control del Nord America, analizzando i dati riferiti a peso e salute di oltre 3 milioni di persone che avevano partecipato a una serie di studi scientifici, ha evidenziato come le persone con un lieve sovrappeso avevano meno eventi patologici e vivevano più a lungo rispetto a quelli normopeso e a quelli sottopeso. Il lavoro, pubblicato su Jama, l’autorevole rivista dell’American Medical Association, ha destato stupore e anche sollevato diverse critiche in ambito scientifico. La correttezza di queste conclusioni è stata però recentemente confermata da un’altra ricerca pubblicata pochi mesi fa da un gruppo di ricercatori inglesi che, dopo aver monitorato per oltre dieci anni lo stato di salute di 10mila diabetici, hanno anch’essi constatato come un modesto sovrappeso determinava minori complicanze cardiache e garantiva una vita più duratura a questi soggetti.  Questi studi sembrano dare oggi nuova consistenza scientifica alle convinzioni popolari tipiche dei secoli passati in tema di bellezza e salute che preferivano i grassi ai magri. Idee messe in discussione già a inizio Novecento e poi decisamente abbandonate a partire dal secondo dopoguerra. I l modello del ricco 'grasso bello e sano' contrapposto a quello del povero 'magro brutto e malato', prevalente nella mentalità comune dell’Ottocento, s’inverte decisamente prima della metà del secolo successivo, quando l’ideale di salute diventa la magrezza e l’eccessiva floridezza viene vista come corrispettivo di poca salubrità. Lo storico dell’alimentazione Massimo Montanari, in una recente rassegna sui cambiamenti delle abitudini gastronomiche, sottolinea come nella nostra società occidentale «il modello alimentare ed estetico della magrezza, arricchito dalle consuete implicazioni salutistiche, trova ampia diffusione in Europa nella prima metà del Novecento, ma ancora negli anni Cinquanta le figure femminili che campeggiano sui cartelloni pubblicitari sono improntate di preferenza all’immagine tradizionale di corporeità florida e 'piena'. Solo negli ultimi decenni l’ideologia del magro appare veramente vittoriosa». Sul piano culturale, all’interno di una visione salutistica dell’esistenza, il rapporto con il cibo si è invertito: negli ultimi decenni il rischio e il timore dell’eccesso hanno sostituito il pericolo e la paura della fame. Segno emblematico di questo cambiamento epocale è il mutamento di significato della parola 'dieta', che inventata dai greci per designare il regime quotidiano di alimentazione esprime oggi, nel linguaggio comune, la limitazione del cibo da assumere. Una nozione negativa anziché positiva. Del termine si è subito impadronita, sempre con questa connotazione limitativa, la medicina stessa. La proposta di diete contro il colesterolo, per contrastare il diabete mellito, per evitare il cancro, per ridurre l’uricemia, per combattere la dispepsia e l’acidità gastrica, per vincere la stipsi o eliminare il meteorismo intestinale è ritenuta universalmente il modo migliore e più efficace per impedire l’insorgenza di disturbi nell’organismo, evitare di ammalarsi e mantenersi sani. La dietetica terapeutica della medicina antica è stata sostituita oggi dalla dieta preventiva della medicina moderna. Il cibo dunque come vero 'farmaco' per aiutare l’organismo a restare e/o a tornare sano. Tutto da rimettere in discussione e da buttare allora, sulla scorta di queste nuove evidenze epidemiologiche, sul piano dell’attenzione alimentare? Certamente no, anche se questi studi ci dicono che, per la salute, dare eccessiva importanza solo al peso ideale è probabilmente sbagliato. Per vivere bene e sani, più che il numero dei chili, conta la forma fisica, quella che si ottiene facendo regolarmente attività motoria (evitando l’eccessiva sedentarietà), mangiando in modo sano (frutta e verdura tutti i giorni, più pesce che carne, olio d’oliva al posto del burro, con moderazione e astenendosi dal cibo-spazzatura), evitando abitudini dannose (niente fumo e alcool), dormendo le giuste ore (niente eccessi notturni). In questi ultimi anni sta guadagnando consensi, anche in ambito medico, una nuova 'formula della salute': fitness versus fatness, come dicono negli Stati Uniti: forma fisica contro pinguedine, traducendo liberamente. Vale a dire che è più importante puntare sull’efficienza fisica del corpo che sul controllo ossessivo del peso. Essere obesi costituisce un danno per l’organismo, ma anche un sovrappeso eccessivo non va bene. Essere troppo magri, decisamente sottopeso, è pure esso un elemento nocivo per la salute. In sostanza quindi meglio qualche chilo in più, ma senza esagerare. Curve morbide si, ma con giudizio.