Europa e aborto. Essere puniti perché si sta dalla parte dei più deboli
Ci sono voluti millenni per arrivare a capire – a capire non a mettere in pratica – la semplice verità che a nessuno è consentito fare agli altri – servendosi della propria forza economica, fisica, ideologica – quello che mai si vorrebbe fosse fatto a se stessi o ai figli. Il Padre Eterno, o – per chi non ha il dono della fede – la natura, il caso, l’evoluzione, hanno deciso che lo scoppio di ogni vita e i primi mesi dell’esistenza di ognuno avvenissero nel grembo di una donna.
Tra costei e il nascituro si creerà, in seguito, e resterà indelebile per l’intera vita, un rapporto di amore e di consanguineità, prezioso e unico. Se è vero che 'la bellezza salverà il mondo', c’è da chiedersi con serena umiltà, che cosa ci sia di più bello al mondo di un neonato che si aggrappa al seno della mamma per non morire; del suo pianto, dei suoi occhi, delle sue guance paffute. In un tempo in cui ci siamo accorti che finanche gli animali hanno i loro diritti, al punto di rimanere scandalizzati nei confronti di chi dovesse maltrattarli o abbandonarli, proprio in questo tempo, per il feto umano, cioè ognuno di noi pochi mesi prima della propria nascita, non si trova da parte di tanti neppure una parola – una sola parola – di attenzione, di verità, di pietà. In tanti Paesi il diritto all’aborto allarga a dismisura le maglie di quelle poche griglie che pur tentavano di porre un freno. Anche il Parlamento Europeo sta facendo la sua parte. Il 23 giugno dovrà essere votata a Strasburgo una risoluzione per il diritto all’aborto, che tra le altre amenità vorrebbe che l’obiezione di coscienza fosse «affrontata come negazione all’assistenza medica».
L’impegno, quindi, di obiettori medici, del personale sanitario, dei centri di aiuto alla vita, del volontariato, sarebbero «deliberate campagne di disinformazione»? Una cosa va detta ad alta voce, senza timori e senza inutili ipocrisie: sono sempre i più deboli a pagare le conseguenze dei nostri errori e dei nostri egoismi. Non sono all’oscuro di ciò che può accadere a una donna stuprata, malata, o psicologicamente fragile che non ce la fa a portare avanti una gravidanza indesiderata. Da sempre tutti ci affanniamo a dire che l’aborto è un dramma. Ma se è vero che è un dramma, che cosa si è fatto di concreto perché questo dramma non avvenisse, o, quantomeno, fosse limitato il più possibile.
La cara, vecchia Europa, sempre più vecchia, stanca e malandata, è sempre più intenta a recidere da se stessa quel poco che resta delle sue antiche radici ebraicocristiane. Radici che le hanno permesso, però, di non rimanere ingabbiata in prigioni ideologiche, dottrinali, contrarie al retto uso della ragione e al desiderio di democrazia, ma ci ha consegnato i principi di una sana laicità desiderosa – almeno a parole – di fraternità, libertà, uguaglianza tra le persone. Il bambino. La mamma e il bambino. In tutto il discorso sul diritto all’aborto occorre tenere presente che uno dei due protagonisti è il bambino. Se l’aborto è un dramma è perché, per risolvere il problema, occorre sacrificare il bambino.
Ammettiamolo con onestà: i quasi 60 milioni di aborti che ogni anno avvengono nel mondo, non sono frutto di 60 milioni di stupri. Spegnere – o tentare di spegnere – i riflettori sul bambino sacrificato non fa onore alla verità, non educa alla pietà, non promuove l’uomo a essere più uomo. Non aiuta i giovani. E se la nostra Europa arriverà a imbavagliare l’obiezione di coscienza, calunniandola «come negazione all’assistenza medica», allora la parabola avrà concluso la sua corsa.
La finestra di Overton si è completamente spalancata lasciando intravedere all’interno uno squallore che spaventa. Che vuol dire? Che, prima o poi, gli obiettori – e noi tra essi – saranno indagati e processati? Incarcerati e forzatamente indottrinati? C’era un tempo in cui per finire in galera occorreva fare del male agli altri, rubare, stuprare, uccidere; lentamente, nel nome di una pseudo democrazia e di un falso concetto della libertà, si va forse delineando il tempo in cui puoi finire in carcere per il solo fatto di essere dalla parte dei più poveri, perché sei amante della vita nascente, sei semplicemente un cristiano cattolico, che, prima che allo Stato, obbedisce alla sua coscienza illuminata dal Vangelo e alla Chiesa voluta da Cristo? Dio ce ne scansi. Sarebbe un passo indietro davvero imperdonabile.