Opinioni

Parigi. La pugile Khelif e il difficile equilibrio tra inclusione ed equità sportiva

Antonella Mariani giovedì 1 agosto 2024

Il match di boxe tra Carini e Khelif (qui nel combo)

Aggiornato il 5 agosto 2024

«Io non voglio gareggiare nelle competizioni femminili per avere un vantaggio ma perché mi identifico come femmina»: parole di Lia Thomas, nuotatrice nata Will che, dopo una deludente carriera nelle competizioni maschili, tra il 2021 e il 2022 arrivò sul podio di quelle femminili. I suoi strepitosi successi dopo il cambio di nome e di genere sollevarono ovvie proteste da parte delle avversarie che con il massimo rispetto della felicità individuale di Lia opposero i vantaggi incontrovertibili, fondati sulla biologia, che un fisico maschile ha su quello femminile. In quegli anni Lia divenne «il volto del dibattito sulle donne transgender nello sport», come disse la Cnn. È da parecchio, dunque, che si discute sulla partecipazione di atleti e atlete transessuali, intersex o con differenze dello sviluppo sessuale (Dsd, questo, come tutte le fonti hanno spiegato in un secondo momento, a polemica già montata, è il caso specifico della boxeur algerina Imane Khelif), nelle competizioni sportive.

Il dibattito per quel che concerne la transessualità non riguarda il caso del passaggio da donna a uomo, che dà evidentemente meno problemi di equità competitiva e lealtà agonistica, quanto nel suo contrario, cioè da uomo a donna.

Il Comitato olimpico internazionale (Cio) ha cercato, negli anni, di dirimere la questione dell'agonismo di atlete trans, intersex e Dsd, che ha a che fare con il tema dell’inclusività, oltre che della biologia e della medicina. La decisione, arrivata nel 2023, è stata salomonica, sancendo l’assenza di presunzione assoluta di vantaggio competitivo, sia nel caso di atlete trans, sia intersessuali sia iperandrogine: in soldoni, ogni Federazione – e dunque ogni sport olimpico – si regola come meglio ritiene, elaborando linee guida specifiche per le proprie specialità e prendendosi la responsabilità di dimostrare caso per caso la mancanza di iniqui vantaggi. Partendo dal presupposto assoluto, però, che chi è registrata come donna nel passaporto, può gareggiare nella categoria femminile.

La risposta delle varie federazioni è stata varia, ma con alcune linee comuni. La World Athletics dal marzo 2023 h deciso di escludere dalle competizioni femminili le atlete transessuali, nel caso in cui la transizione da uomo a donna avvenga dopo la pubertà (12 anni) e i livelli di testosterone siano superiori a un certo valore, piuttosto basso. Ciclismo e rugby hanno preso la stessa strada, così come il tennis e il nuoto, che applica i controlli anche a posteriori.

Per la boxe la situazione è particolare, perché la Federazione Iba (International Boxing Association) è stata sospesa dal Cio per malversazione ed esonerata dall'organizzazione della gara olimpica di Parigi. Tempo fa l'Iba aveva espulso Imane Khalif per motivi non specificati ma che avrebbero a che fare con la presenza di cromosomi XY (questo particolare aveva generato da principio l'ipotesi che la pugile algerina non fosse in realtà biologicamente donna, circostanza successivamente smentita). Questa spiegazione è stata ribadita lunedì 5 agosto dal responsabile della Commissione medica dell'Iba, Ioannis Fillipatos, che ha spiegato come nel 2022 e nel 2023 secondo test giudicati "non leciti" dal Cio, Imane possedeva un "cariotipo anomalo", con la presenza di cromosomi maschili.

Il caso della pugile algerina, al netto di eccessive polemiche e strumentalizzazioni, solleva alcuni interrogativi. Se una gara deve avere come fondamento l'equità tra i concorrenti, è da valutare come coniugare questa equità con l'inclusione di atlete donne con caratteristiche anomale. Fino a che punto una donna iperandrogina - e dunque dotata di una forza che offre un vantaggio competitivo non dipendente dal talento, o dal livello di allenamento, o da altre qualità sportive - è giusto che gareggi nella categoria femminile? E i criteri posti dal Cio sono giusti o possono essere rivisti, visto che situazioni simili si presentano spesso e con intensità diversa? Di questo si potrà discutere ancora, a bocce ferme, in modo pacato e costruttivo?