Opinioni

Lettere al direttore. Equità fiscale, deficit antico. Rinnovare il sistema è un dovere

Marco Tarquinio lunedì 28 aprile 2014
Caro direttore,
questa Italia che diventa sempre più iniqua, e – a me pare – nel silenzio e nell’indifferenza generale. Richiamo alcuni spunti di riflessione: famiglia monoreddito da 35.000 euro/anno - nessun beneficio fiscale: famiglia con 2 redditi sotto i 20.000 euro/anno per complessivi 35.000 euro - due bonus fiscali; famiglia con unico reddito di pensione da 35.000 euro/anno - nessun beneficio fiscale; famiglia con unico reddito professionale/Iva da 35.000 euro (e che – come dovrebbero fare tutti – non evade) nessun beneficio fiscale. Ci deve bastare che il governo "faccia qualcosa" per stimolare i consumi e ridurre le tasse?  Non dovremmo invece pretendere che "operi anche in modo equo", suddividendo i benefici tra tutti gli italiani? Distribuire meno, ma a tutti sarebbe stato davvero meno incentivante per i consumi rispetto a quanto effettivamente deliberato? Preoccupa questa tendenza a ignorare che gli italiani sono 60 milioni e molto più di metà di questi sono stati colpiti soprattutto in questi ultimi anni, non solo i 10 che si è scelto di tutelare (demagogicamente) con il contributo di 80 euro. Che questa tendenza a derogare su equità e giustizia sia la stessa che porta, nella proposta di modifica della legge elettorale, a pensare che una minoranza (37-38% degli elettori) debba decidere per tutti? Grazie, e ancora auguri in questo tempo pasquale.
Stefano Carboni
Questa settimana, caro signor Carboni, del primo dei temi che le stanno a cuore abbiamo scritto e ragionato più volte, spinti dalla cronaca e dai lettori. Ed è ben comprensibile: sono decenni, ormai, che l’Italia porta sulle spalle il peso di un deficit di equità fiscale mai abbastanza evidenziato. Lei, con esempi eloquenti, sottolinea come la manovra di alleggerimento fiscale varata dal governo Renzi non possa riuscire e tirarci fuori da questo solco. I punti i debolezza della restituzione mirata degli ormai famosi 80 euro sono stati, infatti, al centro di commenti altrettanto mirati di questo giornale oltre che di un franco e impegnativo dialogo pubblico tra il premier Matteo Renzi e un altro nostro lettore. Posso dirle che sono più che mai convinto che non usciremo dalla contraddizione (con il bel risultato di accentuare ingiustizia fiscale e declino sociale ed economico del Paese) se nelle prossime settimane, quando si lavorerà sulla delega fiscale nazionale e si deciderà quali criteri applicare alle imposizioni locali, non ci sarà l’avvio della sospirata, eppure tanto contrastata, svolta verso la piena cittadinanza fiscale della famiglia con figli e, dunque, verso quella speciale attenzione nei confronti di questa preziosa realtà che da ben sessantasei anni l’articolo 31 della Costituzione continua a evocare invano. Ma non voglio mancare, gentile amico, di rispondere anche alle sue altre polemiche domande. Si poteva forse dare di meno, ma a più cittadini/lavoratori/contribuenti? Beh, 40 euro a (quasi) tutti – lo ha ricordato Francesco Riccardi nel suo commento di sabato scorso – li aveva già dati il governo Letta, e pochi se ne sono accorti. Scegliere un bersaglio preciso a volte è indispensabile. E mi pare che il target prescelto dal premier Renzi sia indubbiamente tra più meritevoli di sostegno. I fatti dimostreranno se la manovra è efficace e potrà dare un po’ di fiducia in più ad almeno un settore dell’Italia fiscalmente onesta e maggiormente provata dalla crisi. Se sarà così, per quanto parziale e non perfettamente giusta, la mossa del governo porterà benefici a tutti, anche a chi – come lei e come me – non ha avuto alcun vantaggio diretto. So bene, del resto, che questa manovra non è stata pensata per aumentare il generale tasso di equità del nostro sistema fiscale, ma per interpretare una particolare fase della nostra vicenda nazionale, con il dichiarato obiettivo di irrobustire la fragile ripresa economica che s’è avviata. Ma faccio davvero fatica ad accettare che per i più poveri – i cosiddetti “incapienti” – non si sia riusciti in questo frangente a congegnare niente di utile e di buono. Perciò, non mi dispiace affatto registrare dichiarazioni di Renzi che dimostrano che se ne rende perfettamente conto e che si sta ponendo il problema non per contemplarlo ma per risolverlo. Vedremo, verificheremo... E non è un modo di dire, ma una esigente promessa. Arrivo, così, alla sua ultima… sferzata. La critica alla riforma della legge elettorale, il cosiddetto “Italicum”, che assegnerebbe al partito o alla coalizione che al primo turno raccolga almeno il 37% dei voti, 340 deputati (la maggioranza semplice, come si sa, è a quota 316). Nel caso in cui quella soglia non fosse raggiunta, si andrebbe al ballotaggio tra i due partiti o coalizioni più votati e al vincente andrebbero invece 427 deputati. La norma può non piacere. Ma, caro amico lettore, qualunque sistema maggioritario, sia a base uninominale sia a base proporzionale, finisce per trasformare la minoranza più forte in maggioranza. Per questo non mi stanco di chiedere almeno il ritorno al pieno potere di scelta dell’elettore attraverso l’esercizio della propria preferenza per i candidati all’elezione. Per questo anch’io reputo necessario mantenere un sistema istituzionale ben equilibrato, con pesi e contrappesi, con organi di garanzia saldi. E auspico procedure legislative altrettanto di garanzia in tema di diritti civili fondamentali. Vedo, però, che la partita si sta complicando e che le tentazioni di far saltare cinicamente il tavolo delle riforme tornano a moltiplicarsi. La cosa non mi stupisce, ma mi allarma. Possibile che non si sia ancora capito che gli italiani sono stufi di giochetti egoisti e senza senso? Fare ancora una volta le cose a metà, o anche meno, confermerebbe solo che le vecchie forze cardine (Pd e Fi) del quadro politico della cosiddetta Seconda Repubblica sono solo capaci di autoimpastoiarsi e di paralizzarsi a vicenda e che quelle nuove o non riescono a essere determinanti oppure (è il caso dei “grillini” a 5 Stelle) puntano al collasso del sistema con l’ambizione di raccoglierne i cocci. Cocci che, però, riguarderebbero le nostre vite e le nostre speranze di cittadini. Ci pensi bene chi gioca al “tanto peggio, tanto meglio”…