Opinioni

In un'indagine laica, segni di tenuta e ripresa del dato religioso. Eppure non è solo secolarizzazione

Carla Collicelli sabato 30 marzo 2013
La recente pubblicazione dei dati sul fenomeno religioso in Italia al 2010, da parte della laicissima Fondazione Critica Liberale, nell’ambito del suo VIII Rapporto sulla secolarizzazione, consente almeno due riflessioni di rilievo.
Da una lato la constatazione del rallentamento, e in qualche caso della inversione di tendenza, dei trend di secolarizzazione rilevabili attraverso una serie di fonti ufficiali. Dall’altro lato la considerazione critica del rapporto tra aspetti 'visibili' ed aspetti 'invisibili' della fede e della partecipazione religiosa.
Per quanto riguarda i trend misurati nel lavoro di ricerca di Critica Liberale attraverso le fonti ufficiali (Istat, Cei, Miur, Ministero della Salute e Annuario Statistico della Chiesa Cattolica), e calcolati in questa ultima edizione nelle loro variazioni tra 1991 e 2010, colpisce la serie di controtendenze registrate tra il 2009 e il 2010 per diversi degli indicatori riportati e analizzati. È così, ad esempio, per le prime comunioni, risalite dal 7,5 al 7,7 per mille cattolici, e per le confermazioni, anch’esse in leggera ripresa, dal 7,6 al 7,8 per mille cattolici tra il 2009 e il 2010.
Analoga ripresa si verifica per i matrimoni concordatari. I divorzi, calati tra il 1991 e il 1993, risalgono poi progressivamente, ma diminuiscono nuovamente tra il 2009 e il 2010 (da 59.137 a 57.491). Si accentua il trend di diminuzione delle interruzioni volontarie di gravidanza (dalle 138.123 del 2004 alle 115.981 del 2010). Aumentano poi l’ammontare dell’8 per mille devoluto alla Chiesa Cattolica e il numero di enti di assistenza e beneficenza cattolica, e aumenta anche, sia pure lievemente, il numero di sacerdoti, religiosi e catechisti (questi ultimi addirittura quadruplicati rispetto al 1991).
Pur a fronte di altri indicatori di secolarizzazione che non mostrano battute di arresto (come l’aumento delle convivenze e dei figli nati fuori dal matrimonio, o la diminuzione degli iscritti ai seminari), l’indice composito di secolarizzazione calcolato nello studio (una misura sintetica frutto di complessi calcoli statistici) mostra una chiara battuta di arresto a partire dal 2007, e una leggera inversione di tendenza dal 2009. Cioè una ripresa della adesione ad alcuni comportamenti e appartenenze in ambito cattolico in Italia.
La considerazione della natura e qualità dei dati, utilizzati e riportati nello studio, permette inoltre di riflettere sul rapporto tra aspetti visibili e aspetti invisibili dell’appartenenza religiosa. Come gli stessi ricercatori che hanno curato l’analisi affermano, la parte visibile (e come tale misurabile attraverso dati di fonte amministrativa ufficiale) della religiosità riguarda «l’insieme di riti (…) che si svolgono pubblicamente», mentre la parte invisibile riguarda il privato, «come la preghiera individuale», ed è come tale difficile da misurare, se non grazie a specifiche rilevazioni. Una di queste, il lavoro svolto dal Censis nel 2012 su «I valori degli italiani», ha permesso di constatare, ad esempio, l’andamento in crescita del rapporto con la trascendenza tra il 1988 e il 2011 tra gli italiani: nei due anni di rilevazione salgono infatti dal 45,1 al 65,6% coloro che dichiarano di essere credenti. Un ulteriore 15,6% non si definisce propriamente credente, ma dichiara di credere in un qualche «al di là». E i valori religiosi vengono citati tra quelli utili a una ripresa della convivenza sociale e della comunanza di intenti, in seconda battuta rispetto alla moralità, solidarietà e rispetto degli altri, ma con quote significative di scelta, nella medesima ricerca
 Tutti elementi che dovrebbero spingere nella direzione di una più attenta osservazione dei fenomeni della adesione religiosa individuale e familiare, nell’ambito del più generale processo di rinnovamento spirituale cui assistiamo.