Da Centrafrica e Kazakistan. Eppure l'umanità avanza: due alt alla pena capitale
Da non crederci. Nell’ultima parte della rovente primavera che ci siamo lasciati alle spalle e nell’arco di appena una settimana, due Paesi diversissimi, il Centrafrica e il Kazakistan hanno abolito la pena di morte.In Africa, per acclamazione e all’unanimità nel Parlamento altrimenti diviso su tutto di uno dei Paesi più poveri del mondo, al confine con il Congo, da dove papa Francesco volle iniziare il Giubileo della Misericordia. Nel cuore dell’Asia, con il 77% di voti a favore della nuova Costituzione che contiene, appunto, anche il rifiuto assoluto della pena di morte mentre mette in archivio il 'super-presidenzialismo personale' di Nursultan Nazarbayev, e inaugura una 'Seconda Repubblica', con più democrazia e ruolo per Parlamento e cittadini, voluta e guidata dal presidente Tokayev. Lapidario il principio: «Nessuno ha il diritto di privare arbitrariamente una persona della vita. La pena di morte è proibita». Ricordo quando, partecipando all’incontro mondiale per la pace a Napoli con la Comunità di Sant’Egidio, nel 2007, Tokayev, allora presidente del Senato kazako, si era impegnato per questo.
Una bella notizia, controcorrente, nel segno della vita e della giustizia in un tempo di semplificazioni, demonizzazioni dell’altro, normalizzazione della guerra come strumento 'ordinario'. E ci dice molto anche su come andrebbe costruita una via d’uscita dal tunnel senza luce del riarmo mondiale e della «terza guerra mondiale a pezzi». Occorre pensare e costruire quello che non si vede assieme ai protagonisti, quando ancora non si vede. Mentre c’era la guerra civile, come in Centrafrica, mentre i diritti della vita delle persone erano ancora in gran parte da scoprire e costruire, come in Kazakistan. Paese ricchissimo, il Centrafrica, oro e diamanti, eppure poverissimo, e colpi di stato e gruppi armati che hanno sempre controllato il territorio, fino al 2013, quando la crisi è diventata guerra diffusa con l’arrivo dei ribelli seleka. Per dieci anni la Comunità di Sant’Egidio ha lavorato per aiutare il Paese a ricostruire un futuro. Con un dialogo e canali di comunicazione mai interrotti con il regime di Bozize, i politici in esilio, con i ribelli Djotodia, nella transizione di Madame Amba Panza, costruita a Roma, con il presidente Touaderà, rieletto per la seconda volta. È lui che a Madrid, nel 2019, prese anche l’impegno all’abolizione della pena di morte. Si è fidato di chi lì ha avviato la cura dell’Aids, lavorato alla riconciliazione nel Paese, cura i malati di epilessia, e ha avviato le vaccinazioni anti-Covid proprio negli stessi giorni dell’abolizione della pena capitale decisa all’unanimità: appena un anno dopo l’ultimo colpo di stato scampato…
Il Kazakistan, governato per trent’anni da Nazarbaev, ha visto lievitare un desiderio di cambiamento che è andato in parallelo con l’accresciuta forza economica, fino ai massicci e inaspettati disordini e all’insurrezione all’inizio di quest’anno, superati con l’aiuto della Russia. E oggi colloca il Paese in una posizione complicata, che non ha impedito al leader Tobayev la condanna dell’invasione dell’Ucraina senza rinnegare l’amicizia con la Russia. Venti anni di lavoro anche di Sant’Egidio e del movimento contro la pena capitale, specialmente di una donna, una giurista di ferro e fede, la fondatrice delle 'Madri contro la pena di morte', partito da Tashkent, che ha tradotto in Asia centrale la battaglia abolizionista. Un accompagnamento passo per passo – con rischio personale, proteso a creare una mentalità, preparare la società civile, aprire i percorsi legislativi. Il mondo si aiuta a cambiare così. Anche la guerra di un intero Stato contro un singolo individuo pesa. E pesa la guerra tra gli Stati. Per la pace si lavora immaginandola e dialogando quando ancora non c’è e non si vede ancora.