Opinioni

G20: obiettivi individuati e lavoro da fare. Eppure c'è un buon metodo

Mauro Magatti martedì 2 novembre 2021

Il documento finale approvato a conclusione del G20 di Roma delinea i tratti di una diversa globalizzazione. I temi affrontati, infatti, sono ben diversi da quelli che hanno occupato a lungo le agende dei Grandi del mondo. Il Covid – che a livello globale è tutt’altro che debellato – ha lasciato il segno. La consapevolezza che non è sufficiente pensare alla crescita quantitativa oggi è ben più forte. Il mondo che abbiamo costruito dispone, sì, di una incredibile ricchezza materiale e tecnologica. Ma è al tempo stesso un concentrato di problemi e disequilibri che non è più possibile mettere tra parentesi.
Il documento contiene indicazioni che i governi dovranno tradurre in pratica nei prossimi anni. E poiché, come recita il vecchio adagio, tra il dire il fare c’è di mezzo il mare, sarebbe sicuramente un errore pensare di aver già risolto quei gravi problemi. A cominciare dal riscaldamento globale. Ma è pur vero che le parole scritte sono importanti e che il consenso raggiunto può costituire la base per una stagione storica nuova.
Va prima di tutto sottolineata la novità di metodo che la presidenza italiana è riuscita ad affermare: per affrontare i problemi planetari occorrono soluzioni globali, concordate a livello politico.
Dopo Roma è più chiaro che il multilateralismo costituisce l’ingrediente fondamentale di una nuova globalizzazione. È ciò segna una discontinuità profonda. Certo, il dialogo e la ricerca di soluzioni comuni sono sempre operazioni delicate. Nulla ci assicura che il consenso trovato possa tradursi nei fatti ed essere conservato nel tempo.

Ma l’indicazione rimane: esiste un bene comune globale a cui possiamo tendere solo riconoscendo ciò che ci lega piuttosto che ciò che ci divide. E ci sono alcuni impegni concreti per il futuro. La tassa globale per le multinazionali è una novità molto rilevante. La strettoia sarà l’approvazione da parte dei governi entro inizio del 2023. Ma resta il fatto che per la prima volta si afferma il principio che non possono esistere zone franche, dove si guadagna senza contribuire alla crescita della società. Ugualmente significativo è il riconoscimento che il superamento del dramma del Covid comporta la cooperazione in tema dei vaccini. Anche qui, sarebbe stato auspicabile un passo più deciso, come il superamento temporaneo della proprietà privata dei brevetti.

Ma c’è ormai la consapevolezza che l’obiettivo di un’ampia vaccinazione a livello globale non può essere raggiunto affidandosi semplicemente alle regole del mercato. Aver indicato l’obiettivo del contenimento dell’aumento della temperatura a 1,5° è un fatto simbolicamente importante. Manca la data del 2050, ed è un nodo serio. Eppure si è finalmente riconosciuto che la crescita non può più darsi a prescindere dalla salvaguardia del pianeta. E si è ribadito che i costi della transizione vanno redistribuiti tra ricchi e poveri. Certo, le resistenze di Cina, Russia e India pesano. Anche perché, senza di loro, non sarà possibile raggiungere l’obiettivo indicato, con conseguenze devastanti. Ma tutti sperano che ulteriori progressi siano possibili nei prossimi giorni a Glasgow. Nel documento si trovano altresì altri aspetti importanti che riguardano la lotta alla povertà e la promozione del ruolo delle donne. Rispetto all’idea di crescita che è stata dominante a partire dagli anni 80, questo G20 delinea, dunque, una prospettiva diversa. Perché si realizzi ci vorrà molto coraggio e determinazione. A questo proposito è importante sottolineare il ruolo avuto da papa Francesco che di fatto ha costituito un punto di riferimento, in particolare per Draghi e Biden. Tanto che c’è chi ha parlato di G21. Con la pubblicazione della Laudato si’, la Santa Sede è diventata, infatti, un interlocutore fondamentale per delineare la cornice di senso dentro cui ora la politica sta cercando di muoversi. In questo modo, papa Francesco ha ridisegnato anche il ruolo della Chiesa cattolica nel mondo contemporaneo: un’autorità morale in grado di suggerire, anche criticamente, alla politica e all’economia la strada da seguire e da realizzare concretamente. Senza nessuna confusione, ma nel riconoscimento delle responsabilità reciproche.

Con il Covid siamo entrati in una stagione storica nuova. Davanti a noi non c’è più la crescita illimitata che avevamo immaginato di avere alla fine del XX secolo. Ci sono invece sfide difficili e la necessità di mettersi d’accordo sui temi di fondo che ci accomunano. Quello che ci aspetta è un percorso arduo e lungo. Ma necessario. Dove serviranno la tecnologia, la politica, l’economia. E lo spirito. Solo la ricerca del bene comune dell’intera famiglia umana ci può permettere di trovare la via del futuro che speriamo.