Educazione e pulizia la sensata nostalgia per i «vespasiani» non è poi terra terra
Caro direttore,
la settimana scorsa ho avuto occasione di visitare Capalbio. Absit iniuria verbis per questo gioiello, ma quel che me ne ha fatto innamorare è stato un vespasiano pubblico, essenziale e pulito che mi ha accolto prima delle porte del borgo fortificato. Credo che sia sotto gli occhi di tutti la grande assenza dell’umile eppure essenziale gabinetto pubblico in borghi e città. E non si dica che i locali pubblici ne forniscono uno ai bisognosi. Bubbole, come ebbi a sperimentare in un’altra blasonatissima città toscana: occupato, rotto, ma lei a che tavolo è? Eppoi, salvo che si sia residenti, come si fa quando i locali chiudono? Ecco, magari se invece di lamentarsi per gli effetti indesiderati si cercasse di guardare con umile pragmatismo alle cause dell’urina sui muri, e si pensasse a reintrodurre nelle città questi presìdi di umano comfort, magari si accenderebbe la famosa candela che evita di imprecare contro il buio.
Caro direttore,
osservo con compiacimento e sollievo che i lettori di “Avvenire” si occupano anche di problemi semplici e quotidiani come l’urinare (o orinare) per strada. Invero, anche in questi casi ci sono lettori un poco ossessivi, ma è un bene che tutti ogni tanto vedano la realtà. Correva l’anno 2001 quando l’11 marzo scrissi al dottor Lorenzo Mondo – che all’epoca curava la Posta con i lettori del quotidiano di Torino “La Stampa” – una lettera (strettamente attinente a quelle cui lei ha risposto l’8 e del 18 settembre scorsi), che tra altri “problemi” trattava dei “Problemi di vescica” e nella quale ricordavo che «quando avevo vent’anni correvano gli anni Sessanta: non avevamo la macchina, giravamo, e molto, la città a piedi, non avevamo soldi da spendere in consumazioni e conoscevamo a memoria la mappa cittadina dei vespasiani. Poi l’incapacità di tenerli puliti e il naso offeso dei soliti cittadini di buon pensiero, anche se di cattiva educazione, hanno portato alla soluzione di eliminare i vespasiani. Adesso installano antiigienici, orridi e per fortuna rari casotti dotati di gettoniera. E se non ho la monetina?...». Lettera troppo lunga, tant’è che Monda mi rispose con un bigliettino autografo: «Se fosse stata più contenuta, l’avrei fatta pubblicare. D’accordo, d’accordo sui vespasiani. Sulla loro perduta civiltà». Sono passati vent’anni. Oggi io ne ho 81 e l’ottimo della salute è cambiato. Ho qualche problema di “urgenza minzionale” e il 15 marzo di quest’anno ho scritto al mio medico di base: «Urgenza minzionale: per strada orino frequentemente e anche preventivamente dietro una siepe o un cartellone o in una via traversa o tra due macchine parcheggiate». È la vita, bellezza! Per la cronaca, in seguito la situazione è migliorata. Le ho scritto e riportato tutto questo perché viviamo circondati da “cittadini di buon pensiero e persone per bene” che guardano tutto e non vedono oltre una spanna dal loro naso. Ma vedono il gesto di urinare e gli urinanti molto “negri” e immigrati. Ho voluto darle testimonianza che anche i soggetti “bianchi caucasici laureati cattolici (e non omologati come sono io)”, alla necessità, orinano per strada. Faccia tesoro delle mie parole e ne renda partecipi i lettori: urinare necesse est. Abbia un buon proseguimento e un buon contatto con la realtà, anche terra terra.
Siamo partiti da discorsi e pregiudizi a sfondo razzista sull’orinare per strada e arrivati alla sensata questione di ben funzionanti (e ben tenuti) gabinetti pubblici in città grandi e piccole. Ringrazio entrambi i lettori, Castellan e Scarpa, per la concretezza e l’eleganza nel trattare un tema che può scadere facilmente nella volgarità per intenzioni e descrizioni. E rassicuro il dottor Scarpa con il latino che suggella la sua lettera: homo sum, humani nihil a me alienum puto. In tutto ciò che è umano, e che mai sento estraneo e inguardabile e indicibile, trovo contatto con la realtà da vivere e ogni volta che è necessario, da cambiare. E questo vale per le cose eccelse e per quelle apparentemente minime, addirittura terra terra. Il cerchio di questo singolare ciclo di lettere settembrine per me si chiude qui. Ma visto che siamo in procinto di votare sindaci e Consigli comunali, consiglierei ai candidati di ogni colore di prendere debita nota.