È davvero arduo inseguire le acrobazie verbali dei vertici Fiom, i tentativi di nascondere le difficoltà nelle quali si dibattono dopo il referendum alla ex-Bertone. Ma è probabile che ieri si sia giunti a un punto di svolta. Riassumiamo a beneficio dei lettori. Le officine di Grugliasco, ex-Bertone, hanno circa 1.100 dipendenti in cassa integrazione ormai da 6 anni. L’azienda è stata rilevata dalla Fiat che ha posto come condizione l’adesione agli stessi contratti utilizzati a Mirafiori e a Pomigliano d’Arco per ottimizzare l’utilizzo degli impianti. In estrema sintesi: fino a 18 turni di lavoro, se necessario fino a 120 ore di straordinario in un anno, pause rimodellate e sanzioni per i sindacati che proclamino sciopero durante i sabati lavorativi. In cambio, oltre al posto sicuro, Fiat porta 500 milioni di investimento e la produzione della nuova Maserati. Breve negoziato, la Fiom-Cgil dice no, Fismic, Fim e Uilm sì ma – a differenza degli altri stabilimenti Fiat – qui la Fiom è maggioranza netta con 10 delegati su 16 nella Rsu di fabbrica. Le stesse rappresentanze sindacali unitarie alla fine decidono di sottoporre la proposta "prendere o lasciare" della Fiat a referendum tra i lavoratori. E lunedì, un po’ a sorpresa, i delegati della Fiom invitano a votare sì: per non essere sconfessati e soprattutto per non far perdere il posto ai lavoratori. Ieri sera, infine, il risultato assai significativo: i sì sono stati l’88% dei votanti.La logica – prima ancora della responsabilità di un sindacato – vorrebbe che la Fiom prendesse atto della volontà della Rsu, di quella democraticamente espressa dai lavoratori e firmasse l’accordo. Impegnandosi poi non solo a rispettarlo, ma eventualmente a migliorarlo "dal di dentro", mettendosi in gioco accanto ai propri operai. Invece no, niente firma. Il segretario generale, Maurizio Landini, si arrampica sugli specchi negando che ci siano divergenze fra vertici e base, sostenendo che la scelta della Rsu è «una legittima difesa rispetto a un ricatto». Una tesi davvero bizzarra: si è mai dato un ricattato (la Rsu) che per sottrarsi alla minaccia indice una consultazione se aderire o meno alla "estorsione" e oltretutto invita a votare sì? O si tratta di un «cedimento vergognoso», da «servi dei padroni e venduti» come sono stati apostrofati gli altri sindacati durante gli ultimi mesi. Oppure, più semplicemente, le Rsu e i lavoratori in cassa integrazione votando sì hanno compiuto l’unica scelta razionale e insieme quella maggiormente sfidante nei confronti della Fiat: «Ok, noi siamo pronti a lavorare di più, però ora fuori i modelli, la produzione e le vendite. Basta alibi, vediamo se si riesce davvero a essere competitivi, a creare benessere e sviluppo».Non è un caso se adesso all’interno degli stessi vertici Fiom quelli più "puri e duri" contestano la segreteria e invocano provvedimenti contro la Rsu. Perché come si può accettare a Grugliasco, ciò che si è rifiutato e bollato addirittura come «anticostituzionale e indecente» a Mirafiori o a Pomigliano d’Arco? E così la Fiom continua ad avvitarsi nel proprio isolamento, finendo sempre più distante dagli stessi lavoratori, dalle loro esigenze.Una spirale di contraddizioni, dalla quale il sindacato dei metalmeccanici Cgil può uscire solo con una duplice presa d’atto. Della realtà, che prescinde dalle ideologie e chiede nuova capacità progettuale. E poi dell’impossibilità, nelle relazioni industriali moderne, di porre veti e ostinarsi in un atteggiamento antagonista. Persino quando si è maggioranza netta. A riprova che le regole sulla rappresentanza non sono la questione prioritaria per tutelare davvero i lavoratori.