Le linee per salvaguardare un patrimonio prezioso. Editoria da riformare guardando al futuro
Caro direttore,
costo o investimento? Ruota attorno a questa domanda – non del tutto nuova ed originale, per la verità – il futuro dell’editoria nel nostro Paese. Soprattutto per quelle testate locali che, pur tra mille difficoltà, riescono ancora a promuovere un’informazione utile e indispensabile per la "provincia" – vasta e articolata – italiana. Una informazione storica e di qualità che affonda le sue radici in una tradizione di cultura popolare e di radicamento territoriale che rappresentano tutt’oggi valori essenziali e decisivi anche nell’epoca dei post e dei tweet dai 140 caratteri.
Certo, anche la stampa d’idee e del territorio, la stampa diocesana e le molte testate di ispirazione cristiana disseminate in tutta Italia risentono della crisi economica che, purtroppo, perdura e che contribuisce direttamente a comprimere un settore che resta tuttavia importante per la stessa qualità della nostra democrazia e, soprattutto, per salvaguardare il pluralismo informativo ed editoriale nel nostro Paese. E, credo, ha ragione al riguardo il presidente della Fisc Francesco Zanotti quando dice che «occorre resistere alla tentazione di ridurre pagine e contenuti per tentare di fare quadrare i conti». «La stampa locale – aggiunge sempre Zanotti – tiene maggiormente, ma la concorrenza del web e la minore disponibilità economica da parte delle famiglie costringono gli editori a rivedere prospettive e budget».
Ora, conosciamo benissimo i punti nodali attorno ai quali si è aperto un confronto con il Governo per arrivare a una vera e condivisa riforma del settore e per riordinare un comparto in termini di regole, trasparenza e adeguatezza delle risorse per i prossimi 3/5 anni dell’intera filiera dell’editoria. Dal fondo per l’editoria ai problemi nuovi con la distribuzione postale; dai punti vendita alla pubblicità istituzionale sui giornali periodici nazionali e locali, sia cartacei sia online, equiparandoli ai quotidiani. Oltre a definire «criteri stringenti per sostenere chi merita». Il tutto all’insegna di una concezione dell’informazione che non può e non deve solo rispondere alle logiche di mercato, ma consapevoli che il pluralismo, per sopravvivere, ha bisogno pure dei contributi dell’editoria. Anche per sostenere il peso di un mercato pubblicitario ancora e sempre sbilanciato verso i maggiori network.
Elementi importanti che richiedono una risposta politica e legislativa tempestiva e puntuale. Sotto questo aspetto, le linee della riforma annunciata dal sottosegretario Luca Lotti, e già discussa con vari organismi di settore, raccolgono a mio parere le sollecitazioni e le richieste avanzate dalle varie sigle che rappresentano la stampa locale. E la sensibilità culturale di questo Governo, e nello specifico dello stesso sottosegretario, rappresentano un elemento positivo e incoraggiante per salvaguardare un settore che resta decisivo non solo per garantire il pluralismo dell’informazione ma anche, e soprattutto, per sostenere un comparto che produce cultura, occupazione e qualità nel far parlare i territori e nel consolidare un collegamento forte tra il "centro" e la "periferia".
Forse per la prima volta, rispetto alla storia dei governi degli ultimi anni, c’è la seria volontà politica di fare una vera riforma dell’editoria che guardi al futuro e non si limiti solo a contemplare il passato. Che, purtroppo o per fortuna, non torna più.