Natalità. Ecco il conto dell'ingegneria sociale: Cina con meno figli e più problemi
Dopo il disastro umano del figlio unico si cerca di correre ai ripari Un gigantesco errore di calcolo? Un processo comune a tutte le società avanzate? Una dinamica irreversibile? Comunque si guardi alla “depressione” demografica – l’arretramento sempre più deciso che sta restringendo la popolazione cinese – una cosa salta subito agli occhi: il “giocattolo” sta per esplodere nelle mani delle autorità di Pechino. Gli scienziati cinesi volevano a tutti i costi impedire l’esplosione demografica – sedotti dall’idea di poter modellare la società e ossessionati dal fantasma della sovrappopolazione -, hanno finito per innescare la dinamica opposta: l’implosione demografica. La Cina ha perso 2,08 milioni di persone nel 2023, arrivando così a 1,40967 miliardi di abitanti, “dimagrendo” per il secondo anno consecutivo. Catastrofiche le previsioni. Un’indagine, firmata dalla Victoria University di Melbourne e dell’Accademia delle scienze sociali di Shanghai, “profetizza” che la Cina conterà solo 525 milioni di persone entro la fine del secolo. Un calo vertiginoso rispetto agli 1,4 miliardi attuali. Altrettanto forti le voci che spingono per una dismissione dei vincoli alla natalità che ancora sussistono nel Paese.
Secondo Xiong Shuilong, un membro del Comitato nazionale della Conferenza consultiva politica del popolo cinese (Cppcc), per dare slancio alla curva demografica è necessario «abolire completamente i limiti al numero di figli». «Allo stesso tempo è indispensabile dare ai genitori non sposati o ai single lo stesso diritto di godere delle politiche di sostegno alla maternità», ha sostenuto Xiong nella bozza di proposta che sarà presentata nel corso della seconda sessione del 14esimo Congresso nazionale del popolo, in programma dal 4 marzo. Se approvata, per la Cina sarebbe una vera e propria rivoluzione culturale. Una cosa è certa.
L’urgenza di cambiare è ormai condivisa. James Liang, professore all'Università di Pechino e cofondatore dello YuWa Population Research Institute, un think tank privato focalizzato sull'analisi demografica e delle politiche pubbliche, ha chiesto che Pechino destini il 5% del suo Prodotto interno lordo – più o meno equivalente alla spesa per l’istruzione – in sussidi diretti per promuovere le nascite e abbassare i costi legati alla crescita dei figli. L’obiettivo? Che il tasso di fertilità torni a 1,4, la soglia media delle economie avanzate. La politica del figlio unico ha imbrigliato il gigante asiatico a partire dal 1980, con lo scopo di impedire che la crescita demografica ostruisse quella economica.
Ma la scelta di Pechino ha finito per infierire sul tessuto sociale del Paese a colpi di sterilizzazioni e di aborti selettivi e forzati (si parla della cifra spaventosa di 400 milioni di nascite evitate). Poi è arrivato il “risultato” inatteso: lo svuotamento delle culle. Gli ingegneri sociali cinesi sono stati costretti a fare marcia indietro, rimuovendo il limite di un solo figlio per famiglia e consentendone un massimo di tre.
Ma, comunque, sempre “requisendo” la libertà di scelta delle persone. Quattro decenni di politica del figlio unico hanno “disegnato” una realtà piena di ombre. Il gigante sta invecchiando più velocemente del previsto. La famiglia tradizionale è stata travolta, i vincoli di solidarietà spezzati. I nuclei familiari sono sempre più ristretti, i figli unici devono affrontare da soli l’invecchiamento dei genitori. I giganteschi flussi migratori dalle campagne alle città hanno affollato le metropoli di solitudini irredimibili.
La sproporzione di genere – in Cina ci sono più uomini che donne, altro “frutto” avvelenato della politica del figlio unico - ha fatto il resto. I cambiamenti messi in moto sono difficili da revocare. Come ha scritto il “Wall Street Journal”, «in una generazione cresciuta senza fratelli, le giovani donne sono sempre più riluttanti ad avere figli. Le autorità non riescono a sradicare la mentalità creata dalla loro stessa politica». Una sconfitta che Pechino deve oggi affrontare. Risalire la rotta è un esito tutt’altro che scontato.