Libri. Dall'eroina al fentanyl: un "complotto" dietro la diffusione delle super-droghe?
Un fotogramma del trailer di "Dopesick", serie tv che ricostruisce la tragedia dell'OxyContin negli Stati Uniti
L’allarme più recente in Italia ha riguardato il Fentanyl, antidolorifico oppioide potentissimo che dà dipendenza in tempi rapidi. Negli Stati Uniti sta compiendo da anni una strage senza precedenti, anche se nei dibattiti per la corsa alla Casa Bianca non se parla quasi. Recentemente, è associato alla Xilazina, sostanza ancora più dannosa nata come anestetico per animali. Non bastano avvertimenti, divieti, repressione. Nuove sostanze d’abuso dilagano a ondate e interrogano sulla loro capacità attrattiva e sulle possibili strategie di contrasto. Anche perché la storia a volte può essere meno lineare di quello che appare. Lo si può intuire accostandosi (il verbo ha una sua ragione) a un romanzo da poco pubblicato che espone in maniera narrativa (e molto efficacemente) una versione “complottista” della diffusione dell’eroina a Roma.
Per chi è curioso e ha fretta è disponibile su YouTube un documentario di Rai Storia nel quale, in 43 minuti, sono presentati i fatti accertati e le ipotesi sollevate. Per coloro che hanno voglia di immergersi dentro una storia dura e commovente vale la pena di investire più tempo in Il figlio peggiore, scritto dai giornalisti d’inchiesta Peter D’Angelo e Fabio Valle, edito da Fandango. Il volume si può leggere come un reportage di denuncia di una stagione venata di misteri e di manipolazioni, ma anche (ecco il caveat di cui sopra) segnata da sopravvalutazioni del presunto ruolo di grandi burattinai capaci di muovere nell’ombra i fili della storia.
Pochi ricorderanno che fino al 1972 nelle farmacie si potevano comprare liberamente le amfetamine. Quasi nessuno sa che dopo un blitz delle forze dell’ordine che prese di mira nel 1970 una festa privata a bordo di un barcone sul Tevere si scatenò una campagna mediatica contro i gravi rischi della marijuana, non giustificata dal ritrovamento di pochi spinelli. Una buona occasione per creare l’equazione capelloni uguale drogati da parte di chi temeva la contestazione giovanile. Ma questo è nulla di fronte all’operazione Blue Moon che nel romanzo il cronista Carlo Nisticò cerca di ricostruire prima di un epilogo amaro (che non si può spoilerare). Servizi segreti italiani e americani, uomini politici (di area governativa, si suppone) si riuniscono per ideare un’azione di “guerra non convenzionale” finalizzata a rafforzare il blocco d’ordine di fronte alle spinte ritenute eversive dei movimenti extraparlamentari.
Non solo strategia della tensione con le bombe (una pagina che non ha ancora una versione definitiva), ma anche un (originale) tentativo di fiaccare psicologicamente la piazza in rivolta. Dalle vie della capitale spariscono le altre droghe e dal 1975 comincia a circolare a prezzi modici la morfina, per poi lasciare campo libero all’eroina, di cui non si denuncia pubblicamente la pericolosità. C’è persino un cablogramma inviato da Washington all’ambasciata americana di Roma che invita i turisti Usa a non consumare pillole reperibili facilmente in città. Un ex collaboratore del Sid (l’allora servizio segreto interno) ha raccontato che tutto partì da un summit delle agenzie di controspionaggio riunite in Francia nel 1972. Frammenti di un quadro che suona inquietante, pur rimanendo da corroborare con ulteriori fonti e conferme documentali. Un poliziotto che eseguì l’unico grande sequestro di sostanze psicotrope in quel periodo venne subito allontanato. Lui conferma tutto nel reportage Rai. Non vi sono, tuttavia, prove che i carabinieri reclutassero direttamente con il ricatto piccoli delinquenti per spacciare indisturbati l’eroina in saldo.
Ex magistrati italiani come Giancarlo De Cataldo e Guido Salvini davanti alle telecamere non si stupiscono di un progetto di quel tipo: si ricorda come l’infiltrazione delle Pantere Nere negli Stati Uniti o di altri gruppi di sinistra fosse stata condotta sistematicamente con vari mezzi. L’eroina entra davvero nella controcultura dell’epoca e si diffonde a macchia d’olio, provocando disastri umani e sociali. Se anche c’era un piano per fiaccare la protesta organizzata, nessuno è stato costretto ad assumere la droga, tanto meno Nisticò, il protagonista di Il figlio peggiore, che cerca la verità senza compromessi mentre finisce anch’egli nelle spire della dipendenza. C’è stata davvero una trama criminale di tal fatta? Forse è stato un tentativo su scala ridotta, all’interno di una tendenza più generale che avrebbe avuto lo stesso andamento anche senza operazioni sotto copertura. O, forse, i tanti pezzi che sembrano incastrarsi bene l’uno con l’altro hanno ciascuno una spiegazione propria e alternativa, senza bisogno di un super complotto.
Varrebbe comunque la pena che gli storici andassero più a fondo e tutti gli archivi si aprissero. Come per altri episodi oscuri, in cui non si può escludere il coinvolgimento distorto di apparati dello Stato, rispetto ai quali il presidente Mattarella ha spesso auspicato di recente la massima chiarezza. Si tratta, in definitiva, di un utile richiamo a vigilare sulle dinamiche fuori controllo avviate magari con diverse intenzioni.
Ritornando agli stupefacenti, la piaga del Fentanyl è stata aperta dall’avidità di un’azienda, la Purdue Pharma, che riempì di benefit i medici di base perché prescrivessero su larga scala il loro farmaco OxyContin fino a quel momento ritenuto adatto solo a pochi, gravi casi. Si creò così un mercato di decine di migliaia di pazienti incapaci di fare a meno della costosa sostanza. Non era Blue Moon, ci andava vicino...