L’innamorata gratitudine per la moglie. E Benigni ci restituì al mistero-amore
Nel febbraio 2020 aveva suscitato clamorose polemiche la sua 'lezione' sul 'Cantico dei Cantici' dal palco dell’Ariston. Qualche esegeta un po’ troppo sensibile si era risentito perché un comico aveva osato attingere al più suggestivo, complicato e imbarazzante libro delle Scritture per celebrare a Sanremo, magari in modo un po’ scomposto ma efficacissimo e coinvolgente, il mistero dei corpi che toccano abisso e cielo dell’eternità nella polifonia della tenerezza nuziale. L’altro ieri, al festival di Venezia, Benigni ha scomodato il canto XXVII del Paradiso per stabilire un parallelo sorprendente tra il suo amore per la moglie Nicoletta Braschi e quello di Dante per Beatrice.
E come il sommo poeta dice che la sua donna è quella che ’mparadisa la mia mente, così l’attore e regista ha confessato che Nicoletta è sempre all’apice dei suoi pensieri, colei che innalza la sua anima alle gioie del Paradiso. Una dichiarazione d’amore e di gratitudine bellissima, profonda, sorprendente e coraggiosa. A 69 anni, con una straordinaria carriera in cui ci sono 28 film da attore e 8 da regista, un Premio Oscar e ora anche un Leone d’Oro alla carriera,
Benigni non ha avuto alcun imbarazzo, rivolgendo lo sguardo alla moglie, a raccontare che conosce «un solo un modo per misurare il tempo: con te o senza di te. È sempre stato così». L’amore, il tempo, la condivisione, la bellezza di desiderare e sentirsi desiderato come dono grande e denso di significati. Ce ne sarebbe abbastanza per rivitalizzare certi percorsi di preparazione al matrimonio in cui troppo spesso, intrappolati in formule asfittiche, fatichiamo a sillabare in modo coinvolgente e affascinante l’alfabeto degli affetti. Quella meravigliosa tavolozza di parole, di gesti, di complicità che diventano pane quotidiano, che danno senso e profondità all’obiettivo di allungare all’infinito una storia d’amore.
Auspicio che, di fronte alle fatiche e alle fragilità di ogni giorno, finisce talvolta per risultare tanto audace da apparire fuori posto. Troppe volte abbiamo avuto paura di osare l’infinito dell’amore e abbiamo spento – purtroppo anche in tanti giovani – la speranza di prolungare nel tempo la magia e la bellezza dell’appartenenza nella gratuità e nella dedizione reciproca. Quanti fallimenti nascono per timore o incapacità di alzare lo sguardo? Benigni, al contrario, ha rivelato che lui e Nicoletta hanno fatto e fanno tutto insieme. Compresi quarant’anni di lavoro ininterrotto, produzioni e interpretazioni dei film. «Non posso dedicarti questo premio, è tuo. Io prendo la coda per muovere l’allegria, le ali soprattutto sono tue.
Se qualcosa ha preso il volo è grazie a te, al tuo talento al tuo mistero, al tuo fascino, alla tua bellezza, alla tua femminilità, un mistero senza fine». Avrebbe potuto a questo punto citare la lettera agli Esefesini: «Questo mistero è grande». Sarebbe stato coerente e san Paolo certamente non se la sarebbe presa. Invece, l’attore toscano, ha puntato a sorpresa sul 'collega' Groucho Marx, il grande comico newyorkese: «Gli uomini sono donne che non ce l’hanno fatta». Un improvviso cambio di registro per dirci che, quell’amore che nella vita coniugale continua a parlarci, a emozionarci, a coinvolgerci, nasce da un dono che ci supera e che spesso facciamo fatica a comprendere.
Così, per evitare slanci lirici che ci sembrerebbero fuori posto, decidiamo di abbassare il tono e rifugiarci nella mediocrità. L’apparente iperbole di Benigni – «Emani luce, amore a prima vista, a ultima vista, a eterna vista» – sollecita sguardi capaci di reggere il senso misterioso, più profondo e radicale dell’amore tra uomo e donna, disposti a sfidare il tempo e lo spazio, parole di un linguaggio in cui anima e corpo si fondono per collegare l’umano al divino. Non dobbiamo aver timore di parlarne, di sperarlo, di osarlo. Perché, come dimostra il Cantico dei cantici, nessuna catechesi, se non quella sull’amore, può essere tanto potente e tanto coinvolgente per accostarci al Mistero, che è amore supremo. Grazie Benigni per avercelo ricordato.