Educare alla cittadinanza. E adesso diamo forza a un’Educazione ritrovata
Due sono le sedi di lavoro che impegnano la scuola in questi giorni: da un lato l’annuncio ministeriale delle prove del nuovo esame di maturità, che prevedono, nel colloquio, anche domande sulle attività svolte nell’ambito «delle attività di Cittadinanza e Costituzione», senza peraltro definirne i contenuti; dall’altro l’avvio della discussione parlamentare, nella Commissione Cultura della Camera, delle proposte di legge sull’introduzione dell’Educazione civica nella scuola, presentate da parlamentari di diversi partiti. Tra queste c’è anche la proposta di legge d’iniziativa popolare per istituire «un’ora settimanale di Educazione alla cittadinanza come disciplina autonoma con propria valutazione nei curricoli e nei piani di studio di entrambi i cicli scolastici».
Che cosa significano i due nomi con cui si indica ciò che si vuole ricuperare e/o innovare di questo «insegnamento-educazione», con o senza le 33 ore annuali aggiuntive previste? Il nome originario, che ora diversi parlamentari ripropongono alla Camera, è quello datogli da Aldo Moro, nel Dpr del 1958, col titolo: 'Programmi per l’insegnamento dell’educazione civica negli istituti e scuole di ordine secondario e artistico'. L’educazione civica andava intesa come:
1) clima culturale della scuola, ispirato alla Costituzione;
2) esperienza di vita democratica;
3) responsabilità di tutti i docenti;
4) nucleo di argomenti affidati per due ore mensili, nell’ambito dell’orario in vigore, al docente di Storia.
Si tratta di argomenti connessi con gli articoli della Costituzione. I quattro punti indicati distinguevano e insieme univano l’Educazione civica e l’Insegnamento della Costituzione. L’espressione però aveva qualcosa di linguisticamente discutibile: è infatti l’unico caso in cui si parla dell’insegnamento di un’educazione. L’aggettivo 'civica' serviva, in modo semplificato, per dire che la scuola doveva occuparsi di educazione: con particolare attenzione alle dimensioni etica, sociale, civile, civica e politica della persona. Queste dimensioni, e altre ancora (si pensi a quella fisica, affettiva, estetica, linguistica, scientifica...), non andavano intese come semplicemente implicite nelle relazioni scolastiche e nelle comuni materie di studio, che ciascun docente della Repubblica potesse interpretare a modo suo, scegliendosi come guida la dottrina di un filosofo o ideologo a suo piacimento, ma come frutto dell’insegnamento della Costituzione, in un «adeguato quadro didattico», «al fine di rendere consapevole la giovane generazione delle raggiunte conquiste morali e sociali che costituiscono ormai sacro retaggio del popolo italiano», come aveva chiesto all’unanimità un voto dell’Assemblea Costituente (11 dicembre 1947).
A questo insegnamento, date le condizioni postbelliche, si dovette assegnare un orario limitato, affidato, per due ore al mese, senza un voto distinto, all’insegnante di Storia. Questi limiti, non sufficientemente presidiati in sede amministrativa e scolastica, hanno provocato nel tempo un lenta e discontinua emarginazione della Costituzione dal curricolo scolastico. Non sono mancati virtuosi tentativi di rilanciare l’Educazione civica, non solo con cambiamento di nomi, ma anche di idee, di norme, per aggiornare contenuti e metodi. Molto di questo lavoro è stato ignorato e abbandonato sotto la spinta di 'emergenze', senza farsi carico, in termini curricolari, dell’analfabetismo etico, giuridico, economico, in una parola costituzionale che si è manifestato in questi anni. Si sono levate molte voci qualificate per segnalare questo tipo di carenze e la mancanza di un insegnamento specifico.
Questa mancanza indeboliva anche l’auspicata educazione 'trasversale' a tutte le discipline, capace di connettere gli aspetti affettivi, etici, sociali, comportamentali della vita dei ragazzi, con lo studio di quei 'nuclei di argomenti' da affrontarsi disciplinarmente, come aveva ben visto il giurista Aldo Moro. Nel 2008 fu varata la legge 169, che finalizza la sensibilizzazione e la formazione del personale all’acquisizione, nel primo e nel secondo ciclo delle conoscenze e competenze relative a 'Cittadinanza e Costituzione'.
Poiché però non tutti i ministri, i funzionari e i docenti dell’ultimo decennio hanno dedicato un tempo adeguato per interpretare e applicare negli ordinamenti e nella vita scolastica le sintetiche ma chiare e forti espressioni di quella legge, tuttora vigente, si finì con il lasciarla deperire. Col risultato che l’Anci parla solo di Educazione alla cittadinanza (anche se tra i contenuti si cita ampiamente la Costituzione) e altri parlamentari solo di Educazione civica. Questa però rischia di essere o troppo povera di contenuti o troppo carica di tutti i temi che hanno rilievo costituzionale e comportamentale: nobili intenti, per i quali non basta una vita, col rischio di tornare al punto di partenza.
Professore emerito di Pedagogia generale nell’Università di Roma Tre