Il fenomeno. «Dune» e gli altri film: quando il messianismo irrompe al cinema
undefined
Un nuovo messia si è affacciato sul grande schermo attirando a sé sinora milioni di proseliti nel mondo: si chiama Paul Atreides, ha il bel viso sofferto e il ricciolo giusto dell’attore statunitense Thimothée Chalamet ed ha portato Dune 2 a conquistare dall’uscita il 28 febbraio ad oggi mezzo miliardo di dollari di incassi nel mondo, superando il primo capitolo di Dune del 2021, in testa anche al box office italiano con oltre 8 milioni di euro.
La regia kolossal, ma al tempo stesso filosofica di Denis Villeneuve, porta in scena l’imponente saga dal sapore shakespeariano creata da Frank Herbert, che narra le avventure del giovane figlio dell’assassinato duca Leto Atreides destinato a diventare il Muad’dib (Colui che indica la via, derivato dal parola araba “mu’addib” che significa “maestro”). Spetta a lui liberare il pianeta Arrakis (detto Dune) dalla tirannia straniera della dinastia degli Harkonnen, mettendosi alla testa dei Fremen, popolazione autoctona che attende il suo prescelto secondo una antica profezia. Ovvero il Mahdi, il tanto atteso Messia, “colui che ci porterà verso il Paradiso”, figura fondamentale araba dell'escatologia islamica che ripropone in altre vesti l'idea messianica tipica dell'ebraismo e del cristianesimo.
Il giovane prescelto guida una saga dai sapori arabeggianti che si basa come nel romanzo sul sincretismo religioso con esiti affascinanti, ma anche complessi e talora ambigui. Per ora vediamo un messia riluttante che non crede di essere l’eletto, e una religione immanente in cui è la Spezia, una sorta di droga che estende i confini della mente a dotare gli umani del potere della profezia. Villeneuve ha comunque il pregio di porre con stile profondo riflessioni, dubbi, domande, speranze, aggiungendo una attualizzazione riguardo ai fondamentalismi religiosi, senza cedere alla pura spettacolarità delle battaglie che pur non mancano. Senza addentrarsi nelle complicatissime teorie religiose inventate da Herbert per il suo romanzo nel 1965 e che pescano da Cristianesimo, Islam, Buddhismo, Induismo, Taoismo, insieme all’esoterismo e a pratiche Yogi, cerchiamo almeno di inquadrare la questione.
Dune è considerata la pietra miliare della fantascienza, tanto da ispirare George Lucas per la saga di Star Wars. In comune hanno l’idea dell’eletto che salverà il mondo, liberandolo dal male/tirannia, passando attraverso un percorso di formazione. Idea che pervade ciclicamente le saghe cinematografiche di fantascienza di maggior successo.
Nel 1977 arriva Luke Skywalker (interpretato da Mark Hamill), l’ultimo della dinastia dei cavalieri Jedi al servizio della Forza, un campo di energia mistico generato da tutti gli esseri viventi che pervade l'universo e tutto ciò che esso contiene). La lotta fra il bene e il male, il lato Oscuro della Forza rappresentato da Darth Vader, apre “cristianamente” alla redenzione del malvagio.
Nel 1999 arriva un nuovo prescelto, Neo (anagramma dell’inglese One, Uno) interpretato da un iconico Keanu Reeves nella saga di Matrix, creata dai fratelli Wachowski. Neo l’eletto è un hacker che deve liberare l’umanità dal mondo virtuale in cui è stata intrappolata dalle macchine guidando gli umani ribelli, capace anche di sacrificare “cristologicamente” la propria per riportare la pace e salvare l’umanità.
Pure il piccolo hobbit Frodo, protagonista de Il signore degli anelli del cattolico Tolkien (dal 2001 trilogia grazie a Peter Jackson), è una sorta di Messia in miniatura come corporatura, ma gigantesco nell’anima capace di enormi sacrifici per salvare il mondo da male di Mordor.
Nel 1984 con Dune ci provò David Lynch, ma non convinse molto i fan della saga al contrario della versione firmata da Villeneuve, già pronto per il terzo capitolo. Anche il botteghino forse dimostra che la nostra umanità secolarizzata sente, sotto sotto, il bisogno di un salvatore.