Droghe chimiche. L'Olanda prova a fare marcia indietro
Un coffee shop ad Amsterdam. In questi locali sono leciti commercio e consumo di cannabis con elevati valori di Thc
Finalmente nei Paesi Bassi sono stati proibiti ben cento precursori, sostanze chimiche utilizzate lecitamente in parecchi processi industriali e farmaceutici ma da anni sempre più prodotte per confezionare e spacciare droghe di sintesi e semi- sintesi, destinate per la maggior parte al mercato internazionale. In realtà già nel 1988 l’entità del problema era nota alla Convenzione delle Nazioni Unite contro il traffico illecito di stupefacenti e sostanze psicotrope, con la conseguenza di una regolamentazione globale approvata l’anno seguente. A questo punto ci si domanda come mai l’Olanda soltanto ora, nel 2023, abbia deciso di compiere questo passo, quando la situazione è completamente sfuggita di mano, al punto che il Paese è diventato – suo malgrado – un “narco-Stato”, uno dei maggiori produttori di droghe sintetiche, insieme a Belgio e Polonia. Per questo motivo la ministra della Giustizia Dilan Yesilgöz- Zegerius, di origini turche, appena assunto il suo incarico (nel 2022) ha affidato a una commissione il compito di indagare a fondo sulla criminalità organizzata e consigliare le azioni necessarie per meglio combatterla.
Si tratta di un gruppo di esperti del Ministero della giustizia, in collaborazione con il Fiod, ente di ricercatori nel campo dell’evasione fiscale, con la Dogana, l’Istituto forense (Nfi) e altre istituzioni in grado di vigilare sulla produzione chimica a scopo commerciale delle sostanze stupefacenti. I primi risultati e la lista completa dei precursori vietati si trovano nel sito governativo Rijsoverheid.nl. Yesilgöz-Zegerius ha ribadito l’urgenza di lottare strenuamente contro i narcotrafficanti, il riciclaggio, le vendite di appartamenti di lusso a magnati moscoviti in incognito (che acquistano per interposta persona), ma anche contro le “liquidazioni” di personaggi scomodi che avvengono per strada, sotto gli occhi dei cittadini, usate come un avvertimento nei confronti di avvocati e reporter che “intralciano” le attività criminali. Ricordiamo l’uccisione il 6 luglio 2021 del giornalista Peter Rudolf De Vries, un efferato omicidio che ha avuto risonanza in tutto il mondo. A tutto ciò si aggiunge il grave danno dei residui di queste droghe sintetiche che dagli scarichi finiscono in fiumi e canali. È recente la notizia del ritrovamento, nella regione del Brabante Settentrionale, di 350 taniche che contenevano 6.000 litri di sostanze tossiche. D’altra parte è risaputo che gli olandesi sono sempre stati attivi, abili, scaltri mercanti, a cominciare dal commercio dell’oppio, fonte di ingenti ricchezze. Solo nel 1919 fu varata la legge («Opiumwet») che ne proibiva l’uso nel Paese, con un adeguamento nel maggio 1928, seguendo il Trattato internazionale di Ginevra del 1925.
Nel 1976 avvenne la famosa distinzione tra droghe leggere e droghe pesanti. Da allora la legge ha subìto solo qualche modifica inerente i coffee-shop, diventati locali esclusivamente per cittadini di nazionalità olandese, maggiorenni, dotati di una tessera personale. Dal 2005 in questi locali non è più permesso vendere droga contenente una percentuale superiore al 14,6% del principio attivo Thc (la componente psicoattiva della pianta di canapa), aumentata in seguito al 17,2% (in Italia la soglia per la vendita legale è 0,5%). È rimasta invece invariata la possibilità di acquistare e utilizzare (ma non se si ha meno di 18 anni) 5 grammi al giorno di droga leggera e di coltivare sino a 5 piante di marijuana per uso personale senza essere perseguiti dalla legge. Chi detiene e spaccia droghe pesanti può incorrere invece in una pena da 6 sino a 12 anni di reclusione. Questa politica è stata definita “della tolleranza”: la parola olandese di riferimento è gedoogbeleid (“chiudere un occhio”), una sorta di compromesso e di “indulgenza” se si rispettano determinate norme aggiuntive, come nel caso delle droghe cosiddette leggere.
Nel frattempo il Ministro della Salute Ernst Kuipers ha proibito la vendita di una sostanza chiamata “nicotina snus” se contiene più di 0,035 mg. del composto organico: si tratta di una polvere a base di nicotina (non di tabacco) spesso mischiata all’olio Cbd (un cannabinoide) oppure alla caffeina, dal dolce sapore di frutta (per renderla più “gustosa”). Si strofina sul labbro superiore o sulle gengive, così che entri direttamente nel sangue. La sua prima comparsa è avvenuta nel 2020 (le statistiche di allora denunciavano un uso dello 0,3% fra i ragazzi da 13 anni a 17 anni.) Da un’inchiesta dell’emittente Nos su Amsterdam e zone limitrofe è emerso che nel 2021 il suo consumo fra i giovani in età scolare è salito al 6%. Nel 2022 hanno ammesso di averne fatto uso un quarto dei 38.000 minorenni intervistati. Fra gli effetti collaterali ci sono nausea, tachicardia, pressione alta, tossicodipendenza, danni al sistema nervoso. Nei Paesi Bassi sta diventando sempre più di moda. Un ragazzino ha dichiarato di venderla ai suoi compagni di scuola guadagnando ben 200 euro al giorno.
Tornando alla legge di “tolleranza” sugli spinelli, è legittimo chiedersi se è servita a raggiungere lo scopo prefissato di contenimento del loro uso, evitando il passaggio a sostanze più nocive. La risposta è no, in quanto – secondo recenti dati dell’Istituto nazionale di statistica – nel 2022 è cresciuto l’uso non solo della cannabis (23,6% della popolazione) ma anche dell’ecstasy (3,9%), con una percentuale del 43,9% fra ragazzi e adulti dai 16 e i 35 anni. Già nel 2015 i Paesi Bassi erano passati al primo posto per il commercio del composto chimico Mdma (presente nell’ecstasy), diventando uno degli ultimi Paesi a inserirlo nella lista delle droghe chimiche illecite. Pertanto, mentre le autorità tergiversavano sulla sua proibizione gli spacciatori si organizzavano su vasta scala a livello di fabbricazione e traffico, riuscendo anche a raggiungere un – per loro – allettante rapporto fra qualità della droga prodotta e prezzo.
Per l’Olanda la salute pubblica è una priorità. Il numero di morti per droghe pesanti è nettamente inferiore a quello di altri Paesi, Italia compresa, proprio perché si producono sostanze stupefacenti più “sicure” (in gergo, “droga pulita, non tagliata”). Rotterdam rimane comunque il più famoso porto di passaggio per la droga pesante, in entrata e in uscita. Si parla di sequestri di centinaia di tonnellate di cocaina (che avrebbero portato a guadagni di miliardi di euro). E a proposito di cocaina, centrale è il ruolo dell’Olanda – insieme al Regno Unito – per i Paesi sudamericani. I profitti vengono investiti non solo in immobi-li, ma anche in altre attività illegali sovente impossibili da rintracciare, perché le organizzazioni criminali sono diventate sempre più professionali: basti pensare all’impiego dei social dove non esistono “impronte digitali” e le prove si possono far sparire in un baleno. La polizia fa il possibile per contrastare i narcotrafficanti, chiedendo da anni interventi e pene più pesanti.
Un documento del Corpo nazionale di polizia (Klpd) e dei ricercatori della polizia nazionale (con sede a Driebergen Woerden) lanciava già nel 2012 l’allarme sulla pericolosità dei precursori per preparare droghe pesanti con una dettagliata relazione di 143 pagine, tra statistiche, grafici e giro d’affari di un commercio ingente quanto lucroso: un investimento di 200mila euro per un laboratorio completo per la fabbricazione di ecstasy può essere ammortizzato in pochi giorni. La polizia concluse allora il suo inquietante rapporto con questa domanda: « Andando avanti di questo passo che cosa ci riserverà il futuro?». Adesso purtroppo lo sappiamo. I narcotrafficanti si sono impossessati di un mercato oramai strutturato, sempre più difficile da smantellare e sradicare. Eppure il premier Mark Rutte durante la sua recente campagna elettorale, coronata dal quarto mandato, ha ricordato spesso che «l’Olanda è stata uno dei fondatori dell’Unione Europea, basata su valori di collaborazione, fratellanza e solidarietà». C’è da chiedersi dove siano finiti questi valori, se si permette che il proprio Paese diventi uno dei più grandi veicoli di rovina psichica e fisica di altri esseri umani e di nuove generazioni di giovani.